I riflettori nazionali sul piccolo borgo di Ortonovo, nello spezzino, accendono i lampi i tuoni di una burrasca più forte di quella che l'altra sera si è abbattuta sull'estremo levante ligure. Così in una seduta di consiglio comunale dai toni molto forti, scappa anche qualche parola di troppo, la maggioranza fa quadrato sul caso «Ciancimino», anzi ignora la frattura che si palesa nascondendo sia la polvere che il tappeto.
Il sindaco prima si assume ogni responsabilità sulla scelta di invitare il figlio dell'ex «don Vito» a presentare l'ultimo «libro verità» sulla mafia, poi si prende la colpa di non aver ponderato bene la cosa (anche a fronte dei recenti interventi della magistratura nei confronti del figlio dell'ex sindaco di Palermo amico di Totò Reina e Bernardo Provenzano) ed infine si sbilancia, tra un mea culpa e l'alTro, prendendosi il merito di averci ripensato e di aver annullato tutto. Ma quando l'opposizione, il Pdl, lo obbliga ad aprire un dibattito sullo scomodo caso il sindaco prende il regolamento del consiglio comunale e applica le norme alla lettera limitando l'argomento che ha portato la sua giunta agli oneri, o non onori, della cronaca nazionale a solo un'oretta di discussione. E tanto basta per far capire che l'intenzione della maggioranza è quella di salvare capra e cavoli ad ogni costo. La critica più severa alla giunta arriva infatti dalla stessa maggioranza con Rifondazione Comunista (suo l'assessore alla cultura Massimo Marcesini che aveva organizzato la serata con Ciancimino) che accusa il sindaco di censura e di attentato alla libertà. Anche lo stesso vicesindaco Marcesini fa la voce grossa e si dimette, ma solo dalla delega alla cultura, mantenendo però il ruolo di vice di Pietrini e di assessore ai lavori pubblici e politiche giovanili. Il sindaco non risponde alla sua maggioranza che lo mette al muro e non reagisce neppure quando dalle fila del Pd, ligi alle direttive nazionali, si dichiarano contro la scelta, evidentemente targata tutta Rc, di invitare Ciancimino.
Lo stesso Marcesini che accosta gli ex democristiani ortonovesi, oggi nel centrodestra, ai politici siciliani degli anni ottanta collusi con la mafia è la goccia che fa traboccare il vaso e obbliga la stessa opposizione a lasciare l'aula accusando sindaco e maggioranza di aver messo in piedi una farsa. «Il sindaco è ostaggio di Rifondazione - spiega il coordinatore Pdl Pietro Natucci e la capogruppo Cinzia Caravita, firmatari di una mozione di sfiducia a Marcesini insieme con i consiglieri Agostino Cavirani e Stefano Parodi mentre l'assessore si dimezza l'impegno ma non lo stipendio».
Alla fine in un consiglio comunale imbarazzato per tanto clamore, dove ci sia alza ancora in piedi per parlare, il sindaco chiude la discussione senza votare nulla, neppure la conseguente mozione di sfiducia al suo vice, fa orecchie da mercante quando i suoi gli danno dell'antidemocratico e chiude gli occhi sperando che la scomoda vicenda passi presto.
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