da Roma
Sandro Bondi, coordinatore nazionale di Forza Italia, concorda che le frizioni tra Udc e Silvio Berlusconi hanno registrato un preoccupante salto di qualità?
«Le frasi pronunciate da Marco Follini al convivio centrista di Telese hanno esplicitato unanalisi che per mesi era stata sussurrata. Le parole sono state, questa volta, inequivocabili: Il premier ha attraversato questi dieci anni imprimendo la propria impronta alla politica ed anche polarizzandola: questa però è la fase transitoria, poi la politica riprende il suo corso, le sue regole».
Cosa risponde a Follini?
«Credo che sia una dichiarazione ingenerosa, che non coglie il valore innovativo dell'opera politica di Berlusconi, sia per quanto riguarda la politica nazionale sia per la sua politica internazionale, capace di tenere unito l'atlantismo e l'europeismo nel solco della tradizione degasperiana».
Cosa spinge un vecchio alleato a formulare unanalisi così «forte»?
«La tesi di Follini non mi sorprende perchè è comune a gran parte dell'establishment della cosiddetta prima Repubblica sopravvissuto e dislocato nei due poli. Si basa sulla convinzione secondo cui la crisi della prima Repubblica non avrebbe distrutto, ma solo destrutturato il centro come asse del sistema politico e che dunque, una volta passata la parentesi del bipolarismo, si possa tornare a un Grande centro - che ha bisogno del proporzionale - non come luogo dei contenuti riformatori ma come equidistante dagli estremismi. Ma questa impostazione del sistema politico non tiene conto delle nuove convinzioni dell'elettorato che vuole scegliere tra due chiare proposte di governo».
Crede che gli elettori non premierebbero il ritorno al Grande centro?
«Gli italiani non hanno intenzione di tornare alle vecchie logiche e alla regola aurea dei mandarinati per cui i partiti non cercano il potere attraverso il consenso, ma il consenso attraverso l'esercizio del potere. Dico chiaramente che non credo che Follini voglia questo tipo di politica ma la fine del bipolarismo comporta inevitabilmente limpossibilità di scegliere per un candidato premier, per unalleanza politica e per un programma di governo».
Cosa non le piace dellanalisi di Follini?
«Il nucleo forte e l'errore più evidente dellanalisi di Follini consiste nel giudicare l'esperienza politica di Berlusconi come una parentesi nella storia italiana: parentesi da chiudere al più presto per tornare alla piena normalità. Quale sia questa normalità della politica e delle sue regole resta però una questione indecifrabile».
Dall'Udc ripetono che agiscono solo per il bene della Cdl.
«Follini nega di coltivare ambizioni neocentriste e sostiene di lavorare per far vincere la Cdl e io non voglio pensare il contrario. Ma è curioso il metodo usato, che è quello di rafforzare un edificio col piccone in mano. Mettere Berlusconi tra parentesi significa rinnegare non solo il bipolarismo, ma anche dieci anni di politiche liberali che hanno adeguato la nostra alle democrazie più moderne, offrendo una prospettiva politica ai moderati. Chi ha a cuore la Cdl, e non vuol consegnare il Paese alla sinistra, deve perciò contribuire a portare a termine il programma concordato, a partire dalla devoluzione, e a migliorare la qualità dell'offerta politica della coalizione».
Perchè Berlusconi è lunico candidato possibile?
«Resta l'unico leader in grado di fungere da baricentro del centrodestra, e di operare l'unica sintesi politica possibile. Berlusconi, inoltre, continua a rappresentare per milioni di italiani l'unica reale possibilità di cambiamento e di rinnovamento».
Partita chiusa sulla premiership?
«Siamo sempre aperti al confronto e a venire incontro alle esigenze degli alleati. Il problema è che non ci sono alternative a Berlusconi oggettivamente percorribili».
E allora cosa fare per i problemi della Cdl?
«La risposta ai nodi irrisolti non è quella prospettata da Follini ma è nella costruzione del partito unitario: il partito dei moderati e dei riformisti, il nuovo solido centro liberale di cui ha parlato Mario Monti e che ha ripreso il professor Lorenzo Ornaghi.
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