Non minaccia di ricorrere al boicottaggio, ma chiede a gran voce l'esclusione della Dow Chemical dai giochi di Londra: il comitato olimpico indiano si auspica di non vedere l'azienda americana tra gli sponsor delle prossime Olimpiadi. Da diverse settimane è in corso in India una campagna di protesta, sostenuta anche da ex atleti, contro il gruppo americano: i superstiti della nube tossica dell'Union Carbide (gruppo Dow), che nel 1984 uccise a Bhopal 15 mila persone, chiedono una presa di posizione ufficiale da parte delle autorità nazionali. Oggi la prima reazione.
È stato lo stesso presidente ad interim del Ioa, Vijay Kumar Malhotra, ad anticipare la richiesta che verrà presentata nei prossimi giorni al comitato organizzatore di Londra 2012. «Ho incontrato una delegazione di vittime del disastro di Bhopal - le parole di Malhotra - e su loro richiesta ho deciso di chiedere all'assemblea della Ioa che si riunisce domani e dopodomani di adottare una risoluzione in questo senso. Perchè è inaccettabile che una azienda legata al massacro di migliaia di persone possa sponsorizzare un evento di tale importanza».
Pur escludendo che la delegazione indiana possa arrivare al boicottaggio dei giochi, il numero uno dello IOA ha annunciato che si muoverà nelle dovute sedi. «Ho già scritto al primo ministro ed al ministro dello Sport perchè si attivino. Nel frattempo noi faremo la nostra parte. Le Olimpiadi sono una manifestazione sportiva che si basa sull'amore, la fratellanza e la trasparenza mentre questa società (Dow) è legata ad un'altra responsabile della morte di migliaia di cittadini indiani». Ma per il momento appare molto improbabile che gli organizzatori (Locog) rinuncino alla generosa sponsorizzazione (oltre otto milioni di euro), raffigurata in un grande telone che avvolgerà lo stadio Olimpico di Londra.
«La Dow è divenuta azionista di maggioranza della società responsabile di quella drammatica fuga di gas solo nel 2001, 17 anni dopo la tragedia - ha puntualizzato Sebastian Coe, presidente del Locog -. Dopo aver analizzato la storia di questo caso mi sento assolutamente tranquillo. Capisco la sofferenza umana che ha generato quella sciagura, ma queste due società sono separate. La Dow non era l'operatore nè la proprietaria di quell'impianto chimico nel 1984, e neppure nel 1989 quando è stato raggiunto l'accordo finale».
Non è la prima volta che il Locog si deve difendere da accuse extrasportive provenienti dai comitati olimpici.
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