La lunga estate calda del banchiere Passera

Il numero uno di Intesa parla da leader politico e viene attaccato da destra e da sinistra. Poi il «Corriere della Sera» svela una serie di strani affari privati, tra paradisi fiscali e mutui ipotecari. Le frecciate di «Dagospia», del «Fatto» e la visita di Saviano

La lunga estate calda del banchiere Passera

Attaccato dal «suo» quotidiano e costretto a replicare; sospettato di complotti e pluripaparazzato da rotocalchi e siti internet. La lunga estate calda del primo banchiere italiano, Corrado Passera, è iniziata tardi, il 19 agosto, con l’uscita sul Corriere della Sera di un’intervista nella quale il ceo di Intesa Sanpaolo dice, tra l’altro, che «manca un progetto per il Paese» e lancia una dura accusa alla «classe dirigente» italiana, in fuga dalle proprie responsabilità. Al Meeting di Cl i concetti sono ribaditi tre giorni dopo.
Detto fatto: «Passera scende in campo». È stata questa l’interpretazione della vulgata mediatica nelle chiacchiere dei back stage della finanza, che in agosto vivono nei dibattiti tra Rimini e Cortina. E in quale campo? C’è l’ipotesi terzista, che ha ripreso vita grazie ai finiani, alle manovre di Casini e Rutelli e all’attivismo di un amico di Passera come Montezemolo; ma anche quella più schierata a sinistra, da cui il banchiere sarebbe attratto per i suoi trascorsi prodiani e da top manager di De Benedetti. Tanto che vent’anni fa Silvio Berlusconi cambiò l’accento al suo cognome, spostandolo dalla prima all’ultima sillaba, per fare intendere - c’era la guerra con l’Ingegnere per la Mondadori - che lo avrebbe giubilato. (Berlusconi ha poi avuto modo di ricredersi e, dopo l’operazione Alitalia, condotta da Passera in prima persona, lo ha lodato). Ma io «sono già in campo e ci sto benissimo», ha risposto Passera alludendo al suo ruolo. Anche se c’è chi continua a non credergli. Né lo aiuta lo fortuna. Come quando, era il 29 agosto, Passera ha invitato Roberto Saviano, icona culturale dell’opposizione, nella sua casa di Sabaudia. Un fatto privato che è però diventato di dominio pubblico quando in zona sono state trovate 20 cornacchie, morte e congelate.
Nel frattempo anche gli affari di famiglia sono diventati pubblici. È accaduto il 25 agosto, sempre sul Corriere, di cui Intesa è uno dei grandi soci nel patto di sindacato. In un articolo si narra del rientro di capitali dal paradiso fiscale di Madeira per 10 milioni di euro. Il fatto risale a fine 2009 ed è relativo alla liquidità presa a prestito nel ’99 dal Sanpaolo Imi tramite un mutuo, e lasciata in parcheggio nell’isola portoghese presso una controllata della Lariohotels. Si tratta del gruppo alberghiero di famiglia (che possiede tra l’altro due «quattro stelle» a Como e una quota di 0,9% nella Villa d’Este di Cernobbio) che, dopo la morte del padre Gianni, è controllato pariteticamente dai fratelli Corrado, Bianca e Antonello. Inoltre quest’ultimo, si legge ancora, è stato nominato nel cda di Nh Hoteles Italia dalla stessa Intesa, che ne ha il 44% del capitale. Una nomina familiare dunque, benché priva di emolumento.
Come se non bastasse, l’indomani, 26 agosto, il Corriere torna sugli affari dei Passera: altro articolo, altro giro. Il cui sapore non è per nulla dolce perché, alla fine, quello che resta è una serie di interrogativi più o meno imbarazzanti: perché il paradiso fiscale? Come si fa a chiedere un mutuo da 15 miliardi di lire per poi non utilizzarli? Com’e che Intesa nomina il fratello del suo ceo in Nh Hoteles? Nell’occasione Passera è costretto a violare la regola che una smentita (o una precisazione come questa) è una notizia data due volte, e scrive al Corriere per spiegare come Madeira sia una zona franca all’interno della Ue; la somma erogata da Sanpaolo fosse per un’acquisizione non andata in porto; Lariohotels non sia concorrente con Nh Hoteles.
Non serve a molto. E il banchiere resta sulla graticola dove è stato messo dal Corriere, in particolare per gli attacchi del sito «Dagospia» che, per rendere la pillola più amara possibile, pubblica regolarmente anche le foto estive che ne violano la privacy, cogliendo Passera in barca con la sua giovane compagna e l’immancabile Montezemolo. In più, visto il ruolo del quotidiano di via Soferino, inizia a circolare la tesi che i poteri forti del Corriere tramino nell’ombra, in un asse tra Gianni Bazoli, presidente di Passera in Intesa, e Cesare Geronzi, presidente delle Generali. Il primo, ideologo della sinistra ulivista prodiana, dall’operazione Alitalia in poi avrebbe mal sopportato le attrazioni politiche di Passera. Il secondo, vicino a questo governo, avrebbe gradito ancora meno e nel suo discorso al Meeting così si capiva.
Ma non è finita: siamo ormai a ieri quando il Fatto Quotidiano torna sull’affaire alberghiero. Un nuovo articolo nel quale si parla della Villa d’Este di Cernobbio. Ebbene nel novembre del 2007, con Passera al vertice di Intesa, il cda approva un prestito da 157 milioni alla famiglia Fontana, industriali brianzoli, per rilevare Villa d’Este anche dai soci di minoranza (tra cui anche lo stesso Passera con lo 0,9%). A vendere la maggioranza (il 62%) è una holding lussemburghese: è lì che finisce gran parte del finanziamento di Intesa. Ma dal momento che gli stessi Fontana erano azionisti al 30% della holding, una quota gli torna in tasca: 70 milioni finiscono nella Loris Fontana & c. E lo stesso Giuseppe Fontana - ricorda il Fatto - l’anno dopo diventa uno dei soci di Alitalia nel piano studiato da Intesa. A Passera viene imputato il voto a favore del finanziamento essendo a conoscenza dell’operazione di cui era un potenziale beneficiario.

Oltre a un rapporto d’affari molto «complesso» con Fontana.
In ogni caso, con l’attacco finale dalla sinistra del Fatto, il cerchio si è chiuso. Di certo, se è vero che «tanti nemici, tanto onore», Passera ricorderà quest’estate come grandiosa.

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