L'unità? Bisogna ricucire le "quattro Italie" divise

E il Paese deve puntare sul presente. Il Cav ha ragione a dire che occorre andare oltre i padri costituenti: Risorgimento e Resistenza evocano ancora ferite aperte

Milano «Ma io sono il lavoratore di una fabbrica in crisi. Vorrei poter parlare, lasciatemi parlare». Niente da fare. La sola libertà che i compagni intendono festeggiare, è quella di pensarla come loro. Ammesso che pensiero sia quello di chi non rispetta nemmeno padri famiglia rimasti senza lavoro. A Milano il 25 aprile si ricorda in piazza Duomo. «Sia festa di unità», aveva chiesto sabato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. E tutti, sindacalisti, ex partigiani e autorità con fasce varie, avevano applaudito tra i velluti rossi e gli stucchi d’oro della Scala. Ma in piazza, parole retoriche e manfrine ufficiali fanno flop. Nemmeno ventiquattr’ore e si vede di che unità sia capace il partito dell’odio. Di come la Resistenza sia solo un randello da picchiare in testa a chi ha democraticamente vinto le elezioni. Di come, visto che il fascismo non c’è più, alla sinistra non resti che trasformare l’antifascismo in antiberlusconismo.
E non sono solo i violenti del centro sociale occupato «Il Cantiere» a dare uno spettacolo indegno. Quando la piazza ricopre di fischi e urla «fascisti» e «mafiosi» al presidente della Provincia Guido Podestà e al sindaco Letizia Moratti ospiti degli organizzatori dell’Anpi, i no-global non sono ancora arrivati. Frenati dalle forze dell’ordine. Eppure i fischi di chi solleva bandiere rosse, di Sinistra e libertà, gli striscioni di Emergency, le falce e martello, coprono qualsiasi possibilità di intervento. Podestà alza la voce, ma non c’è nulla da fare. Nemmeno quando cita un comunista doc come Luciano Violante («Il 25 aprile deve essere patrimonio di tutti gli italiani. Perché più gente lo condivide, più la democrazia è forte»). Sibili e insulti. Un anziano partigiano della Brigata Garibaldi, salito sul palco con l’ausilio di due bastoni, a veder lo spettacolo non trattiene le lacrime.
Poi, ma solo dopo, entrano in piazza Duomo quelli del centro sociale. Hanno già picchiato quelli di Emergency che avrebbero voluto mettersi in testa al corteo. Ora le mega casse montate sull’enorme camion arrivano incredibilmente fin sotto il palco e sparano note di musica house a tutto volume per impedire i discorsi ufficiali. Vomitando insulti contro presidente della Provincia e sindaco. «Le merde fasciste Podestà e Moratti devono tornare nelle fogne». Dietro di loro agenti e carabinieri, picchiati solo perché obbedivano all’ordine di arginare la loro prepotenza. «Abbiamo respinto il tentativo delle merde di lasciarci fuori dalla piazza», urla sguaiata al microfono una ragazzetta che si dice comunista senza aver letto Pier Paolo Pasolini che tra il proletario poliziotto e il contestatore figlio di papà, stava coi poliziotti. Con loro l’ex consigliere regionale di Rifondazione comunista Luciano Muhlbauer che invece sta coi figli di papà e rimedia anche un paio di manganellate. Poi l’aggressione alla Brigata ebraica, l’urlo «fascisti, fascisti» e gli spintoni ai reduci dei campi di concentramento che chiedono di lasciar finire il comizio. Rimediando lanci di vino e lattine di birra.
Durissimo l’intervento del presidente del Comitato permanente antifascista di Milano. Sì, sembra impossibile ma esiste. E i fascisti da Milano se ne sono andati 65 anni fa. Lui se la prende con il presidente Napolitano, non con i no-global. «Adesso - dice Carlo Smuraglia - si parla di condivisione dei valori e qualcuno sostiene che l’Anpi ha monopolizzato il 25 aprile. Per tanti anni siamo stati da soli a ricordare la Resistenza e i suoi valori. Se ora le istituzioni scelgono di venire in piazza, noi ne prendiamo atto». Sarebbe benzina sul fuoco, se non fosse che nessuno sta più ad ascoltare. Che chi era venuto per contestare Podestà e la Moratti ha già le orecchie piene di fischi. E se ne sta andando a casa soddisfatto, convinto di aver dato il suo «contributo alla guerra di liberazione di Milano dai fascisti che la governano». Quelli del Cantiere passano a vendere birre e panini dal camion (ma si può fare anche senza licenza, senza scontrini e senza pagare le tasse?). «Li abbiamo lasciati entrare - si giustifica il questore Vincenzo Indolfi - per evitare incidenti peggiori».

Anche quest’anno Milano e il 25 aprile ostaggi dei comunisti di un centro sociale. «È trent’anni che vengo al 25 aprile - scuote la testa un pensionato del servizio d’ordine della Cgil -. E devo anche sentirmi dare del fascista da un pirla».

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