Maestra picchiata per una nota Condannate mamma e nonna

C’era una volta Pinocchio, quello che quando marinava la scuola rischiava di finire in prigione con le orecchie d’asino, o peggio nella pancia della balena con la fatina buona che moriva di crepacuore. Oggi sempre più spesso tra le fauci ci finisce il professore, e non solo nell’immaginario degli alunni ma anche in quello delle famiglie sempre meno tolleranti nei confronti di un’istituzione scolastica vista più come un intralcio burocratico che come luogo di formazione. Il caso di una maestra di Quarto Oggiaro picchiata da mamma e nonna di un’allieva rimproverata in classe, è certamente border line di un contesto sociofamiliare dove la violenza e il sopruso rappresentano il linguaggio più scontato. Ma può essere anche visto come la punta dell’iceberg di un rapporto, quello tra scuola e famiglie, che ha da tempo infranto i vecchi codici. Le due esagitate di periferia che hanno percosso l’insegnante nei bagni della scuola sono state giustamente condannate ieri a due anni e quattro mesi per violenza privata, lesioni, ingiurie e minacce. «Il problema, però resta» dice il professor Fulvio Scaparro, docente di psicologia e già giudice onorario del Tribunale dei minori. «Anche se gli episodi di violenza sono fortunatamente delle eccezioni, i rapporti di forza sono cambiati rispetto a quando all’insuccesso scolastico seguiva una reprimenda dei genitori. Oggi - continua Scaparro - sempre più spesso le famiglie prendono le difese dei figli che fin dall’adolescenza imparano a considerare l’autorità un ostacolo da aggirare, possibilmente con prepotenza». Lo scorso anno fece discutere il caso di Bossi jr allorchè, dopo la terza bocciatura alla maturità, il senatur si scagliò contro «i professori del Sud» presentando ricorso al Tar. Forse con ragione visto che lo studente è oggi consigliere regionale. Ma in generale il problema sembra sempre più riguardare la crisi dell’istituzione scolastica al di là delle riforme epocali che, puntualmente, piovono a ogni legislatura. «Un tempo quella del maestro era considerata una professione onorata - sottolinea Scaparro -, specie nel dopoguerra quando erano ancora tante le sacche di analfabetismo. Oggi lo scarso aggiornamento dei docenti e la cultura della raccomandazione fanno considerare la scuola un itinerario burocratico da finire più in fretta possibile e i professori un nemico quando intralciano i progetti delle famiglie. E anche gli studenti finiscono per considerare i professori degli... sfigati». I risultati però sono spesso poco edificanti. «I maestri scadenti ci sono sempre stati così come gli studenti che cercavano di farla franca, ma tra scuola e famiglie c’era un patto non scritto finalizzato all’insegnamento del rispetto delle regole della società. Oggi invece, sempre più spesso le scuole sfornano bamboccioni inadeguati alle difficoltà della vita perchè cresciuti senza frustrazioni e nell’illusione che la colpa è sempre degli altri». Nei quartieri difficili queste dinamiche vengono amplificate dalla mancanza di controllo dei soggetti pericolosi.

«Ci sono insegnanti, anche preparati, che hanno paura ad entrare in classe perchè non tutelati dalla dirigenza scolastica. Anzichè fare continue riforme, credo che l’Italia abbia bisogno di un rilancio radicale di un’istituzione che resta una pietra miliare della società».

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