Sul tema della giustizia l'Anm continua ad andare sulle barricate contro il governo guidato da Giorgia Meloni. Le toghe non digeriscono la linea tracciata dall'esecutivo di centrodestra e pertanto hanno deciso di alzare i toni, fino a minacciare la possibilità di percorrere la strada dello sciopero. Nel mirino del presidente Giuseppe Santalucia ci sono le scelte del Guardasigilli e l'orientamento dei partiti di maggioranza. Tutti elementi che, a suo giudizio, rappresentano dei veri e propri pericoli.
L'Anm attacca Nordio
Santalucia, intervistato da La Repubblica, è stato interpellato sullo stato di allarme e sull'ipotesi dello sciopero che domenica finirà sul tavolo dell'assemblea plenaria dell'Associazione nazionale magistrati. Un clima reso ancora più teso dalla volontà del governo sui limiti al controllo preventivo della Corte dei Conti sul Pnrr: "Guardo a quei compiti della Corte come un aiuto e una collaborazione costruttiva che può prevenire problemi maggiori e far correggere tempestivamente ciò che non va".
Nel mirino del presidente dell'Anm è finito in particolar modo Carlo Nordio, che ha infastidito le toghe in seguito alla decisione di avviare un procedimento disciplinare contro i giudici della Corte d'Appello di Milano nell'ambito del caso Artem Uss. Una presa di posizione che "ha suscitato sconcerto, disorientamento e forte preoccupazione tra i magistrati". Motivo per cui in molti chiedono di dare vita a una giornata di scioperi.
Dal suo canto Santalucia, pur invitando ad attendere la presa di posizione che verrà stabilita nei prossimi giorni, ha preso atto "che il livello di preoccupazione è davvero molto alto". In sostanza il timore delle toghe è che l'azione disciplinare contro i colleghi possa costituire un "precedente pericoloso": il dito è puntato contro un'iniziativa che "non è accettabile". "Questo è un pericolo che va scongiurato", ha affermato in merito al sospetto secondo cui Nordio vorrebbe imporre ai giudici decisioni politicamente allineate con il governo.
Il "no" alla riforma della giustizia
Ovviamente non sono tardati ad arrivare i diversi "no" nell'ottica della riforma della giustizia. Dalle intercettazioni limitate all'arresto cautelare, le contestazioni sono forti in attesa di provvedimenti ufficiali e ben definiti. Soprattutto sulle intercettazioni Santalucia vuole vederci chiaro, non comprendendo l'ipotesi di non trascrivere i riferimenti che chi sta al telefono fa nei confronti di una terza persona: "Se quelle parole possono costituire una possibile prova non le si può buttare via. Se prova non sono invece, il sistema in vigore già prevede che siano scartate".
Il presidente dell'Anm ha giudicato come "del tutto irragionevole" l'opzione di buttare via l'abuso d'ufficio: "Eliminare questo reato completa un percorso di riforme che, dopo gli emendamenti sulla Corte dei conti, non rafforza i controlli di legalità che proprio adesso andrebbero potenziati". In realtà la volontà del governo è quella di dare slancio alla nostra economia e di sconfiggere la burocrazia difensiva, visto che in molti casi l'attività amministrativa è paralizzata dalla cosiddetta paura della firma. A gennaio al ministero della Giustizia si è aperto un tavolo di discussione sui reati di abuso d'ufficio e traffico di influenze.
Norme che si aggiungono a quelle sulle misure cautelari, sull'informazione di garanzia e sui limiti all'appello del pm che a metà giugno potrebbero finire sul tavolo del Consiglio dei ministri.
Sullo sfondo c'è un sospetto e, come scrive Domenico Ferrara su ilGiornale in edicola oggi, la domanda sorge spontanea: qualche toga che lavora all'interno del ministero sarebbe pronta a boicottare le riforme? Comunque il condizionale è d'obbligo, in attesa di conferme o smentite sulla presenza di chi - negli uffici tecnici - potrebbe ostacolare le riforme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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