Mediobanca archivia il caso Generali

Nel cda nessun consigliere ha sollevato questioni sulle dimissioni di Geronzi. Ma la partita del riassetto è iniziata. E i francesi prendono posizione. Bollorè: "Resterò fino al 2022. Un patto più leggero? Non serve a nessuno"

Mediobanca archivia il caso Generali

Ieri, prima di iniziare i la­vori del cda di Mediobanca, l’ad Alberto Nagel si è rivol­to ai consiglieri per sapere se ci fossero chiarimenti da chiedere sulle dimissioni di Cesare Geronzi dalle Gene­rali. Ma nessuno ha detto nulla. E i lavori sono prose­guiti come da ordine del giorno, con l’esame di un’ispezione della Banca d’Italia.

Ma il gesto di Nagel e le re­azioni del consiglio sono si­gnificative di come la gran­de finanza sappia andare avanti velocemente. Il cla­moroso e imprevisto defene­stramento di settimana scor­sa del banchiere che solo lo scorso anno dallo stesso cda era stato mandato a gui­dare le Generali, è già acqua passata. Anche i consiglieri che almeno sulla carta sono più vicini a Geronzi, quali Tarak Ben Ammar, Vincent Bollorè, Marina Berlusconi e Ennio Doris, almeno per ora non hanno sollevato ec­cezioni. Un po’ perché le spiegazioni le avevano già avute personalmente, un po’ perché ora conviene a tutti, in Mediobanca, che le acque si calmino.

In realtà i francesi hanno già iniziato a muoversi ver­so il futuro: se è vero che nel cda di ieri non si è parlato del rinnovo del patto di sin­dacato che raggruppa il 44,3% del capitale di Medio­banca, in scadenza a fine an­no ma da disdettare entro il 30 settembre, è altrettanto evidente che Vincent Bol­lorè, regista del gruppo este­ro con il 10%, ha ieri dato ini­zio alle danze. Solo così, co­me delle prese di posizione negoziali iniziali, possono essere interpretate le sue di­chiarazioni: «Non credo che sia nell’interesse di nes­suno. Chi vivrà vedrà», ha detto l’imprenditore france­se sul progetto di una disce­sa graduale del patto verso il 35-40% del capitale di Piaz­zetta Cuccia. «Non credo che ci siano soci che voglia­no uscire dal patto, non lo so», ha aggiunto. E su una sua possibile uscita: «Abbia­mo tutti i motivi per rimane­re per molti e molti anni, al­meno fino al 2022».

Ebbene, essendo stato Bol­lorè il principale protagoni­sta della fase finale del pro­cesso che ha portato alle di­missioni di Geronzi, con lo strappo dell’astensione sul bilancio della compagnia nel cda del 16 marzo in aper­ta polemica con il manage­ment sostenuto da Medio­banca, è su di lui che si con­centrava l’attenzione. E non è un caso che abbia boc­ciato il progetto del patto leggero che, come noto, è ca­ro agli stessi manager di Piazzetta Cuccia. D’altra parte è stato il primo socio di Mediobanca, per bocca del presidente Rampl, a por­re la questione di un cambia­mento nei pesi del patto. Ma Bollorè è stato ieri chiaro, come a dire che senza una trattativa, i francesi non si muoveranno di un centime­tro. Senza per questo solle­vare grandi polveroni. In particolare, a calmare le ac­que ci ha tenuto Ben Am­mar, che ha detto che non esiste «una squadra che fa ri­ferimento al premier Silvio Berlusconi» escludendo una influenza della politica nell’universo Mediobanca-Generali. E poi: «per il patto c’è l’estate di mezzo. Ne par­leremo in autunno», ha di­chiarato l’imprenditore franco-tunisino mentre la­sciava la sede di Medioban­ca.

Quanto a Generali, infine, si è appreso che il nuovo pre­sidente Gabriele

Galateri re­sterà in carica per un anno: dovrà essere confermato dall’ assemblea nel 2012, non essendo stato possibile inserire la sua nomina all’or­dine del giorno dell’appun­tamento dei soci del prossi­mo 30 aprile.

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