Messori: «Il limite di voto al 30%? È grossolano, sarà inapplicabile»

«La norma va collegata con la Legge Ciampi. Anche per loro ci vorrebbero i principi Ias»

Messori: «Il limite di voto al 30%?  È grossolano, sarà inapplicabile»

da Milano

Professor Messori, le Fondazioni esitano a incassare il beneficio fiscale che scadrà a fine anno. Eppure vale un bel po’ di milioni.
«Non è sorprendente. Le Fondazioni continuano a svolgere un ruolo determinante nel controllo delle banche. Per questo fanno fatica a trovare il punto di equilibrio tra il non rinunciare al beneficio e il non perdere la centralità del loro ruolo nel sistema». Marcello Messori, docente di Economia dello sviluppo all’ateneo di Tor Vergata, è da sempre un critico del ruolo delle Fondazioni nelle banche. E non solo: nell’ultimo saggio curato con Renzo Costi per il Mulino («Un capitalismo senza rendite e con capitale») ne ha criticato anche la funzione di investitori istituzionali.
Per quale motivo?
«A causa dei loro bilanci, poco leggibili, scritti un po’ al valore storico, un po’ a prezzi di mercato».
Allora dovrebbero essere sottoposti agli Ias. Sarà così?
«Io sono favorevole, ma è una questione controversa».
Le Fondazioni sono scese sotto il 50% del capitale ordinario delle banche. Non è sufficiente?
«Sono scese singolarmente: nella legge è stata data una definizione troppo poco stringente di “quota di controllo”. Non si è tenuto conto della coesistenza di più Fondazioni. Questo ha permesso che talvolta sia diminuito il loro peso. Ma solo dal lato quantitativo, non da quello strategico».
Suggerimenti?
«È molto difficile intervenire, anche perché gli enti, piaccia o no, sono soggetti privati. L’ultimo tentativo, quello di Tremonti del 2002, ha prodotto un effetto opposto lasciando le Fondazioni minori libere di non cedere nemmeno la quota di controllo».
Ora c’è la legge sul risparmio che prevede il limite del voto al 30%.
«Così com’è è una norma grossolana che non funzionerà. A meno che non si trovi un aggancio con la Legge Ciampi nella definizione del controllo. Senza questa modifica non si potrà imporre a un soggetto privato un limite di questo tipo».
Perché secondo lei le Fondazioni non sono i migliori azionisti possibili per le banche?
«È sempre difficile stabilire questo legame tra azionisti ed efficienza dell’impresa.

Ma una struttura di controllo efficiente dovrebbe garantire o la contendibilità (le public company) o il controllo puntuale sull’operato dei manager. Il modello delle Fondazioni non riproduce nessuna di queste due situazioni».
Esiste un’evidenza empirica?
«No. Questo tipo di riscontro è troppo difficile da misurare».

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