Milanesi sempre più insoddisfatti, nomadi sempre più relegati in una condizione di precarietà e marginalità. Sembra un miracolo al contrario quello che viene consegnato alla città dagli ultimi anni di (non) governo del problema.
I problemi legati al fenomeno nomadismo sono stati discussi ieri nel corso di «In-visibili», convegno della Caritas Ambrosiana che ha reso pubblica un'indagine condotta per da un'équipe di cinque operatori che negli ultimi 3 anni ha censito i campi di Milano e dell'hinterland.
In città e nei dintorni - questi i risultati dell'inchiesta riferiti da Agensir, organo di informazione della Cei - sono presenti 134 insediamenti spontanei di rom, con una popolazione di circa 2.700 persone. Nell'80% dei casi - si legge - gli insediamenti sono formati da gruppi piccoli, spesso inferiori alle 15 persone, e registrano nell'80% dei casi la presenza di minori. Ancora: gli insediamenti tutti contraddistinti da grande precarietà si trovano in aree periferiche, in luoghi nascosti, marginali e pericolosi per chi vi abita: vicini a ferrovie, autostrade, fiumi e canali, edifici abbandonati, molto spesso nelle aree rurali. «Per affrontare un problema bisogna dargli un nome, una rappresentazione nella sua complessità. Questo è stato lo sforzo che abbiamo fatto negli ultimi 3 anni e che fa tesoro di un'esperienza di vicinanza delle popolazioni rom presenti sul territorio che dura da vent'anni» ha spiegato il direttore della Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti. Nell'80% dei casi rivela l'indagine i cui dati sono stati elaborati da Patrizia Farina e Riccardo Pirovano della Bicocca - le persone vivono in baracche, roulotte o tende in «contesti di evidente pericolo ambientale»: nel 71% dei casi questi non hanno servizi igienici, acqua e corrente elettrica. Gli abitanti degli insediamenti sono per l'87% di etnia rom e sinti di nazionalità rumena (71%), italiana (10%) e bosniaca (9%). «Quella degli insediamenti spontanei dei rom a Milano è una realtà profondamente mutevole segnata da un processo di polverizzazione che ne alimenta l'invisibilità» ha spiegato Anna Cavallari. Per la Caritas «il processo di polverizzazione nasce dall'esigenza di nascondersi per evitare gli sgomberi di cui il 60% degli insediamenti è stato oggetto». E la conseguenza è il progressivo spostamento in aree sempre più remote dove soprattutto i bambini sono esposti a situazioni di grande fragilità. Il 30% dei bambini in età elementare non frequenta la scuola e la percentuale sale al 75% per i ragazzi che dovrebbero frequentare le scuole secondarie di primo grado.
Spesso inoltre, per quanto riguarda i rom rumeni si assiste a un vero e proprio pendolarismo con la Romania: i figli vengono lasciati ai familiari, mentre i genitori restano a Milano per guadagnare soldi da mandare in patria.
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