La coppa d'Africa mette paura al calcio. Dal 17 gennaio all'8 febbraio si svolgerà in Marocco il torneo per nazioni del continente africano. Quindici squadre sfideranno la Nigeria campione in carica. Ma non è il campo, non sono le tattiche degli allenatori a preoccupare il mondo del football. Il terrore si chiama ebola, un male che è oscuro ma sta devastando corpi e menti in Europa e nel resto del mondo, in Africa prima di tutto.
Casablanca, Rabat, Fes, Marrakech, Tangeri, Agadir sono le città sedi degli incontri ma c'è il pericolo che la coppa africana salti in aria per motivi di sicurezza sanitaria. Molti club spagnoli e inglesi, olandesi e tedeschi stanno pensando di trattenere i loro calciatori africani, per evitare il rischio di contagio durante il raduno e il ritiro che verrà definito dalle varie federazioni. In Italia nessuno si è ancora occupato del caso, né i giornali, né la Lega professionisti, né la Federcalcio, né il Coni. Sono 24 i calciatori africani che giocano in serie A e che probabilmente verranno convocati per l'edizione marocchina del torneo, nigeriani, marocchini, senegalesi, algerini, maliani, l'ivoriano Gervinho e una robusta presenza (9) del Ghana, tra questi i due milanisti, Essien e Muntari e lo juventino Asamoah. Non è un problema marginale, diventa anche una questione politica e diplomatica, la Fifa potrebbe intervenire chiedendo opportune garanzie mediche, difficilmente Joseph Blatter prenderà posizione sulla vicenda, rischiando di perdere voti in Africa, bacino importante per la sua quinta rielezione. Dovrebbero essere gli stessi calciatori ad assumersi la responsabilità di una scelta che va oltre la lealtà sportiva, la fedeltà alla nazione e riguardano, invece, non soltanto la loro salute. Già in passato il calcio aveva dovuto affrontare il problema dell'Aids, venne proibito ai calciatori di arrotolare i calzettoni sulle scarpe, fu addirittura consigliato di evitare i baci e le effusioni dopo i gol, i medici e i massaggiatori, da allora, usano guanti in lattice per i primi soccorsi degli atleti infortunati in partita.
Ma ebola non ha limiti, il contagio può essere avvenuto prima di qualunque partita, il territorio africano è vastissimo, il periodo di incubazione va da due a tre settimane e la morte fulminante può avvenire nello stesso periodo. Il calcio cerca di proteggersi, qualche cialtrone potrebbe pensare al solito egoismo dei grandi club che preferiscono trattenere i propri calciatori. Ma questo è un caso davvero diverso ed estremo. In Spagna la psicosi è fortissima, il virus è arrivato in Europa proprio da lì. Lass Bangoura, del Rayo Vallecano, aveva raggiunto il raduno, in Marocco, della sua nazionale, la Guinea Conekri, nonostante il club spagnolo gli avesse chiesto di rinunciare. Ma il calciatore ha deciso di rientrare a Madrid, dopo essersi reso conto che il resto della sua nazionale non aveva effettuato tutti i controlli medici necessari. La paura ha preso anche altre discipline.
La federazione ciclistica di Burkina ha deciso di cancellare il tour del Faso, in Cina gli organizzatori dei giochi della gioventù hanno respinto la richiesta di partecipazione di Nigeria, Liberia e Sierra Leone. È soltanto l'inizio di una storia maledetta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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