Continua a bruciare il deposito di idrocarburi di Tripoli, preso dalle fiamme durante gli scontri in atto per il controllo dell'aeroporto della capitale libica. Da giorni si affrontano qui le milizie di Zintan, che tengono lo scalo, e gli uomini di Misurata, in una situazione sempre più instabile che ha fatto convinto molti Paesi a ricorrere a piani d'evacuazione per i propri cittadini.
Lo hanno già fatto, tra gli altri, italiani, francesi, statunitensi, ma anche egiziani e serbi. Oltre cento nostri connazionali hanno già lasciato la Libia, dove rimane comunque attiva l'ambasciata, a differenza di quella di Washington, che ha spedito il corpo diplomatico via terra in Tunisia.
Da quando i voli sono interrotti la strada verso il territorio tunisino sembra la scelta più semplice per lasciare il Paese. Da qui sono passati anche gli italiani, scortati dai Carabinieri. Una via diversa ha scelto Parigi, che ha annunciato oggi di essere pronta a sgomberare la piccola comunità francese via mare.
Mentre gli stranieri lasciano il Paese, le autorità hanno chiesto aiuto ieri per spegnere il deposito in fiamme a Tripoli. Il portavoce del ministro del Petrolio ha descritto una "situazione ormai fuori controllo" e oggi il governo libico ha annunciato che l'Italia e l'Eni invieranno sette aerei anti-incendio Canadair e tecnici in soccorso delle squadre libiche che già lottano contro le fiamme. Non è però ancora chiaro quando saranno sul posto.
Oggi le milizie hanno aggiunto
di avere mediato una tregua temporanea per permettere ai soccorsi di lavorare e tentare di spegnere il colossale rogo. Il deposito, colpito da un missile durante gli scontri, ha una capienza di oltre 90 milioni di litri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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