Marco Pirola
All'autodromo di Monza per ora corrono solo il magistrato e le polemiche. La pista rischia di scivolare sul rumore con la sentenza del giudice che impone ai bolidi di scendere in pista con «efficaci misure di contenimento delle immissioni rumorose». Ovvero con il silenziatore. Sono oltre 120 giorni che la pista monzese ha il bavaglio ed è vietata ogni tipo di manifestazione per colpa di due famiglie di Biassono che hanno sostenuto di essere danneggiate dal rumore delle auto in gara. Nel ricorso, uno dei ricorrenti scrive di accusare forti mal di capo ogniqualvolta va nell'orto a raccogliere l'insalata.
Domani salterà una gara valida per il campionato italiano di formula 3000, vetture che per regolamento sono autorizzate a correre con lo scarico libero. Il 14 maggio è destinata ad avere la stessa fine la Coppa intereuropea di auto storiche. Il 18 giugno è in calendario la Grand Prix master, parata di vecchie glorie con gli ex piloti di Formula 1. A settembre la 1.000 chilometri prototipi. Niente problemi per la Superbike: le moto sono dotate di dispositivo limita rumore.
Nella passata stagione su 290 giorni di attività in pista sono state 45 le giornate occupate dalle auto a scarico libero o con emissioni in decibel oltre la norma. Giorni per cui la Sias, la società che ha in gestione l'autodromo, aveva chiesto ed ottenuto preventivamente il nullaosta del sindaco di Monza, Michele Faglia. Senza le gare «accessorie» al Gran premio d'Italia di settembre e alla Superbike, l'autodromo non si regge in piedi economicamente. Le due famiglie hanno proposto di limitare a 60 giorni l'attività del circuito con 305 giorni di chiusura all'anno.
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