La nonnina che cantò con la Callas e Visconti: «Ho vissuto di musica»

Una vita scandita dalla musica, tra gorgheggi e operette. Anche quando a Milano strillavano le sirene degli attacchi aerei. Anche quando per le strade giravano più uomini in divisa che in abiti civili.
Elena Maretto, ex corista della Scala dal 1939, ora ha 89 anni e vive alla casa di riposo per musicisti fondata da Giuseppe Verdi per quelli che, come lei, hanno speso anni ed anni a cantare, suonare, comporre. A vivere di arte. Ancora oggi basta un po' di rossetto per illuminarle il viso. «Sa, ho il male del Papa Giovanni Paolo» dice per giustificare il tremore della mano. Una mano bianca e morbida, con le unghie laccate alla perfezione. «Ci tengo a curarmi» confessa senza vanità. E in effetti Elena ha i capelli freschi di permanente, le calze di nylon ricamate e una bella collana di ambra. Quando viene a sapere che le collane così sono ancora di moda, rimane esterrefatta. «Davvero? Ce l'ho da quando ero ragazza». E si illumina. Basta un niente per vederle gli occhi ridere. Un ricordo lontano, la melodia di un'operetta e lei, pacata, inizia a sprizzare luce dagli occhi lucidi. Non stanchi.
Da piccola Elena intonava le romanze e si esercitava ogni giorno con i solfeggi anche quando c'era poco per cui stare allegri. Sa cosa vuol dire vedersi piombare i soldati tedeschi in casa, sa cosa significa sfollare e sentire i fischi delle bombe mentre cadono dal cielo. «La musica - ricorda - mi ha aiutato a non avere paura». E la musica, amica da sempre, le ha fatto anche conoscere l'amore. Anche suo marito faceva parte del coro della Scala. «Mario era istriano. Era venuto a Milano per studiare musica e per pagarsi gli studi ha lavorato in bottega come elettricista». La scintilla che poi li ha portati al matrimonio è scoccata a Berlino, durante la messa in scena della «Lucia di Lammermoor» di Gaetano Donizetti, interpretata da Maria Callas. «Quella sera, dopo lo spettacolo, non ci siamo detti nulla. Non c'è stato neanche un bacio. Ma abbiamo capito tutti e due quello che volevamo: è cioè stare insieme per sempre. Abbiamo anche avuto un figlio, che ora ha 50 anni».
Forti, fortissime le emozioni dietro il sipario, prima di ogni spettacolo. «Poi ci si abitua, ma è sempre bello».
Elena ha lavorato anche con Luchino Visconti. «Era un vero signore - ricorda orgogliosa - pretendeva tantissimo ma sapeva anche essere simpatico e sempre gentile. Sapeva rendere ogni opera attuale e ci ha insegnato ad essere naturali, non artefatti. Tutto con lui in scena doveva essere autentico».
Elena ha cantato per più di cento opere. Ma quella che preferisce è senza ombra di dubbio «La Traviata». «È la più moderna perché è molto diretta. Mi piace perché è una storia vera. Verdi l'ha scritta pensando alla sua Giuseppina Streppani».
Elena ha a cuore anche un'altra storia: è quella di suor Angelica di Giacomo Puccini. «Anche quella è una storia vera. Molto suggestiva. Puccini aveva una sorella suora».
Secondo Elena, che ama chiacchierare con i giovani che frequentano il conservatorio, la musica è stata rovinata dal 1920 in avanti: da quando cioè Schoenberg ha iniziato a usare la dodecafonia. «Si sono perse le melodie facili e l'orecchiabilità. Tutto è diventato aggrovigliato e meno immediato».

Tra i ragazzi ospiti della casa Giuseppe Verdi, c'è una giovane, Maria, che sta particolarmente a cuore ad Elena. Suona il clavicembalo e, dopo pranzo, è un piacere mettersi in poltrona con gli occhi chiusi ed ascoltarla. Si ritorna indietro nel tempo.

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