La notte non vincerà Una guida esemplare contro il nichilismo

M ondadori lo presenta come saggio filosofico e pamphlet irriguardoso nei confronti del «politicamente corretto». E in effetti è così. Paradiso Occidente è un volume solido ed appagante per struttura e analisi. Eppure la chiave di lettura è tutta in quel prologo di 15 pagine che ha l'andamento tipico del romanzo.

Siamo a Vienna. Stefano Zecchi tiene una relazione su Novalis indugiando sui punti di vista di Guénon e Goethe. Ad un certo punto, in sala si crea un putiferio perché viene fraintesa e banalizzata la sua articolata interpretazione su Guénon che si fa musulmano. A convegno finito, il professore decide di rientrare a piedi in albergo sfidando la notte. In quelle viuzze non è però solo. Dal rumore costante di passi percepisce che qualcuno lo segue. Intravede solo ombre ma quando giunge a destinazione si palesano due giovani. Sono libanesi che vogliono sapere di più. Lo trattengono garbatamente dicendosi certi del fatto che l'Occidente stia per essere sopraffatto da altri popoli ricchi di tensione etica e di energia spirituale. Il riferimento agli islamici è chiaro. La questione richiede più di qualche sbrigativa battuta e il colloquio viene rimandato all'indomani mattina, quando Zecchi attraversa con perizia tutti gli interrogativi possibili: si può davvero ritenere che l'islam sia l'alternativa? E a quale islam fanno riferimento quei due? A quello dei fondamentalisti? Oppure a quello occidentalizzato che costruisce orridi grattacieli e con un'arte che gareggia con la nostra in tema di kitsch?

Qui parte il saggio filosofico che, pur concordando con la visione del tramonto dell'Occidente, mette subito in chiaro che dalla globalizzazione economica sono irretite culture diverse come quelle islamiche, indiane, cinesi o giapponesi. L'energia di cui si sente la mancanza si potrebbe infatti scatenare solo dalla forza visionaria delle differenze ed invece la realtà è ben altra visto che tutti anelano il nostro mondo. Essendo fermi ad una identica idea di progresso non possiamo che subire la mobilitazione totale che spinge verso il livellamento planetario. Come diceva Heidegger, siamo «sradicati» proprio per l'incapacità del pensiero di pensare l'epoca della tecnica. Allora parrebbe non esserci più scampo, tanto consapevoli della decadenza quanto incapaci di immaginarne il superamento. E alla fine la domanda resta sempre la stessa: come si esce dal nichilismo? Heidegger pensa di ritrovare nella poesia di Hölderlin la soluzione al proprio problema filosofico. Ma forse non basta. Per Zecchi bisogna agire come l'anarca jüngeriano e fare resistenza estetica verso un tempo fondato sull'utilità economica. Per ritrovare un senso, dovremmo alimentare una società rinnovata nello spirito e con un forte senso religioso.

Adottare una idea «romantica» e allo stesso tempo utopica. Armarci del «principio di speranza» e non rinunciare a credere che ci sia qualcosa oltre il buio.

Ecco il perché di quel suo solitario vagare nella notte di Vienna e della dedica iniziale al poeta Giuseppe Conte.

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