«Ogni politico ha la sua fiaba Prodi è il brutto anatroccolo»

«Ogni politico ha la sua fiaba  Prodi è il brutto anatroccolo»

Giuseppe Salvaggiulo

da Milano

Berlusconi? Luce azzurra. Prodi? Il brutto anatroccolo. A ciascun politico la sua favola di riferimento. Senza offesa. È la tesi del nuovo libro di Klaus Davi, professione massmediologo con il pallino della politica. Titolo: «I contaballe» (Marsilio editore, 256 pp., 12 euro).
Perché ricorrere alle favole per svelare i leader?
«Tutte le campagne elettorali di successo hanno attinto alle favole. Per tre motivi. Primo: sono un modo per spiegare la realtà ai bambini, hanno un insegnamento morale. Secondo: il lieto fine. Terzo: tramandano un racconto popolare, e ogni leader ha bisogno di darsi una radice popolare».
Per quale motivo è necessario darsi un’immagine popolare?
«Come fai a parlare dei problemi della gente comune fino alle sei del pomeriggio e poi trascorrere la serata nel salotto della Angiolillo?».
Però lo fanno quasi tutti i politici.
«Se piaci alle élite, devi cambiare messaggio. Nessuno vuol apparire come un insider. Con Berlusconi il racconto popolare è diventato esplicito, plateale. Ricordiamo il libro “Una storia italiana” del 2001. Anche in tv da Bonolis ha enfatizzato le sue origini piccolo-borghesi».
Perché la favola del Cavaliere è «Luce azzurra» dei fratelli Grimm?
«È il racconto di un soldato che diventa principe grazie alla luce azzurra datagli da una strega. Difficoltà familiari, poi successo e riscossa sociale».
E la sinistra?
«Gli insider sono le ragioni delle sconfitte della sinistra».
Esempi? La barca di D’Alema, la tata di Fassino...
«I Ds hanno un’immagine iperborghese. D’Alema addirittura “briatorizzato”, Fassino troppo autocompiaciuto delle sue origini borghesi. La prima cosa che fece Tony Blair nel partito laburista fu cacciar i radical chic alla Ken Follet».
Anche Berlusconi va in barca. Anzi, di più e più grandi. E poi le ville, i mausolei...
«Torniamo alla favola. Berlusconi apre il suo castello agli italiani in modo che tutti possano entrare, vuole condividere il suo successo con loro».
E Prodi?
«Come Berlusconi, cerca di restare un outsider. Prendi la battuta su Roma. Quando dice che non vivrà mai a Roma, vuol dire che non intende corrompersi con il palazzo, con i salotti, con le pastoie dei poteri della capitale».
Qual è la sua favola?
«Il brutto anatroccolo di Andersen: ostilità dell’ambiente (viene preso in giro per il suo aspetto), solitudine, simbologia naturalistica (l’Ulivo)».
Quindi Silvio e Romano sono più simili di quanto si possa immaginare.
«Entrambi outsider, hanno superato una simbolica morte e descrivono il palazzo come ostile, luogo di trame intese come stregoneria politica».
Le favole bastano in politica?
«In campagna elettorale. Poi c’è il risveglio, ovvero il governo. E il linguaggio deve cambiare».
Consigli ai due leader?
«Berlusconi è forte quando aggredito, debole nei monologhi quando parla solo di sé. L’aspetto ludico è rischioso, il combattente funziona. Impari da Blair, che andava in tv a farsi “massacrare” nei dibattiti, anche su Mtv. Prodi fa il Forrest Gump, ma non deve rifiutare il faccia a faccia. È vero che ha già governato, ma sono passati troppi anni. Deve mettersi alla prova come fosse la prima volta».


Chi è il miglior contaballe?
«In campagna elettorale lo sono tutti. Parlerei piuttosto di capacità di affabulazione. I migliori sono Berlusconi, Veltroni e Storace».
Ma Veltroni che favola è?
«Pierino, Pollicino... un po’ tutte».
giuseppe.salvaggiulo@ilgiornale.it

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