Il partito di Cernobbio che vuol dettare l’agenda al Paese

Ormai ci siamo: tra pochi giorni inizia Cernobbio. Che in italiano non significa nulla perché Cernobbio è una località di 7mila abitanti sul Lago di Como. Eppure è così: venerdì prossimo, e fino a domenica, nella Villa d’Este di Cernobbio si tiene il 36esimo convegno organizzato da Ambrosetti, dove sfilano economisti, politici, finanzieri italiani e stranieri. Tanto noto da identificarsi, ormai, con Cernobbio stessa. Ma quest’anno c’è un fatto nuovo, un episodio che ha acceso molte curiosità: due giorni fa il presidente delle Generali Cesare Geronzi, influente e riservato banchiere, ha tenuto in pubblico un importante discorso politico (di sostegno al governo), scegliendo la platea del Meeting di Comunione e Liberazione. Una realtà, ha detto Geronzi, «ben diversa da quella che si tiene ogni anno a Cernobbio, dove io non sono mai andato». Quasi a marcare una netta distanza con il Workshop Ambrosetti, con il «Partito di Cernobbio». Di certo non l’ha detto a caso.
Le interpretazioni si spendono in varie direzioni. La più immediata è quella che vede il mondo economico e finanziario nazionale diviso tra laici e cattolici. Una lettura fin semplicistica, ma buona per dare l’idea di due universi storicamente separati, in parallelo rapporto con la politica, che ne può ostacolare o favorire i legittimi e contrapposti interessi. Di qui l’individuazione di un Partito di Cernobbio come uno dei baricentri mondiali della finanza laica. Così la velenosa stilettata di Geronzi diventa di grande attualità in due direzioni: finanziaria e politica. Vedere Cernobbio come il luogo dei finanzieri e delle banche d’affari, evocati come i grandi responsabili della crisi di questi anni, è senz’altro un’immagine che può funzionare. La presenza di banchieri svizzeri e americani è importante a Villa d’Este, nel convegno che si apre venerdì. Così come lo è stata vieppiù in questo ultimo decennio. Il gettone fisso o quasi dei ceo di Unicredit Alessandro Profumo e di Intesa Corrado Passera, ha contribuito in maniera determinante a questa connotazione. D’altra parte le recentissime posizioni sul governo del Paese, assai diverse tra loro, prese da Passera e Geronzi, rafforzano la contrapposizione anche in chiave politica: la presunta vicinanza dello stesso Passera a tutte le alternative politiche al Pdl verso le quali guarderebbero i poteri forti di Cernobbio (dove sono di casa anche Enrico Letta, Luca di Montezemolo, Franco Bernabé, Chicco Testa) completano il quadro.
In verità il Cernobbio dei poteri forti contrapposto all’attuale maggioranza di governo è la traslazione moderna di un pensatoio che in origine voleva essere un’altra cosa. Alfredo Ambrosetti lancia il suo Workshop per sprovincializzare imprese e banche italiane, per portarle in Europa. Cernobbio nasce come un laboratorio europeista. Tra i suoi maggiori ispiratori, Giorgio Napolitano (che da presidente della Repubblica continua a mandare un messaggio video al Forum, e lo farà anche quest’anno), Mario Monti, Romano Prodi. Ma il «di più» arrivava poi dalla presenza di Gianni Agnelli, che con le sue battute, le sue idee, ha lanciato il Forum nell’occhio del ciclone mediatico nazionale. Lo ha trasformato nell’Agenda del Paese. Settembrina come lo sono la riapertura della scuola o l’inizio del campionato di calcio.
Oggi l’Avvocato non c’è più e Cernobbio ne soffre. Resta il laboratorio, il Workshop a porte chiuse per qualche centinaia di ammessi ai lavori, a 15 mila euro a testa. Certamente formativo per una classe di mid-manager.

Mentre per i politici di passaggio è un palcoscenico irrinunciabile, tanto che ci vengono tutti, da Bertinotti a Tremonti. Ma per i top-manager del Paese, forse non ha più molto significato. Se non quello di prendere anch’essi la scena.

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