Il governo da una parte liberalizza le aspirine e dallaltra statalizza i servizi locali. È incredibile, ma nello stesso governo convivono Bersani e Russo Spena. Il primo ci vende un sogno di unItalia più libera, il secondo si adopera con successo a costruire unItalia più chiusa. La maggioranza ha posto le basi, in Parlamento, per creare ex novo decine di Alitalia. Vediamo come. Laccordo raggiunto tra il ministro degli Affari Regionali, Linda Lanzillotta, e Rifondazione comunista, fa sì che nel prossimo futuro i nostri enti locali (solo i comuni sono più di ottomila, le province superano le 100) potranno gestire acqua, energia, gas e trasporti con aziende municipalizzate (insomma piccole partecipazioni statali di stampo locale). La scusa è sempre la medesima: «sono servizi essenziali ed è bene che li gestisca il pubblico». Esattamente i nobili motivi per cui Alitalia sembra godere di uno statuto sociale particolare: in un Paese che avesse il senso dei suoi veri interessi ci sarebbero i picchetti dei cittadini contro i lavoratori di Alitalia che in questi mesi hanno scioperato e non il contrario. Ma tantè. Con laccordo sui servizi locali, si riesce ad «alitalizzare» lintero Paese.
È evidente (il caso Alitalia lo testimonia) che la forma societaria (spa, municipalizzata o altro) con cui il pubblico controlla società di servizi conta relativamente. Il punto è perdere di vista le priorità. Come diavolo si fa a pensare di rendere lItalia più competitiva (che palle questo termine che non si riempie mai di contenuti) facendo arrabbiare 10mila tassisti (che pure non hanno alcuna ragione a difendere lorticello) e mantenendo nel lettuccio caldo 170mila addetti delle aziende pubbliche locali? Come diamine si pensa di rendere un servizio ai consumatori mettendo un po di «pepe» nei farmaci, ma nello stesso tempo cedendo Alitalia ad AirOne e dunque lasciando il monopolio della tratta Milano-Roma ad una sola compagnia aerea? Ieri la Corte dei conti, per lappunto, ne ha resi pubblici alcuni molto interessanti. Negli ultimi cinque anni (e dunque il passato governo è compreso) il costo del lavoro sostenuto dalla pubblica amministrazione è aumentato di 20 miliardi di euro, per arrivare ad un totale di 150 miliardi pagati ai nostri dipendenti pubblici. Un numero da fare spavento, sia in termini assoluti, sia in termini di incremento. E a cui si debbono ancora sommare gli aumenti retributivi fatti nel 2006 e quelli promessi da Prodi nel 2007 e di cui si discute in queste ore.
Le maestre sottopagate e dedite che ci forniranno i loro cedolini da fame ci perdonino.
Nicola Porro
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