Ci risiamo. Le solite minacce di catastrofe nucleare in arrivo da Mosca, il solito terrorismo verbale contro l'Europa «che sta andando a pezzi» (parola di portavoce del Cremlino) e che non dovrebbe permettersi di opporsi al nuovo/vecchio imperialismo russo pena inenarrabili distruzioni. I soliti toni apocalittici che vengono rispolverati ogni volta che una presunta linea rossa viene oltrepassata dagli alleati occidentali dell'Ucraina.
Siamo già stati minacciati di inverni al buio e al gelo se avessimo rinunciato all'insostituibile gas russo e oggi abbiamo più gas di prima da altre fonti, gli stoccaggi pieni e a prezzi inferiori (ma chi in Italia e in Europa aveva gridato al dramma imminente non ha fatto ammenda); di escalation irreversibile se gli ucraini avessero ricevuto carri armati occidentali (non è successo); di terza guerra mondiale incombente se fossero state eliminate le restrizioni all'uso di missili occidentali su suolo russo (non è successo niente); adesso siamo alle nostre città europee nel mìrino degli arrabbiatissimi russi perché la NATO si permette di schierare missili in funzione difensiva.
Non succederà un bel niente nemmeno stavolta. E non perché siamo indovini (non lo siamo), ma semplicemente perché non può succedere. Finché esiste un equilibrio degli arsenali atomici, si può minacciare quanto si vuole, ma di fatto non si può alzare un dito, meno che mai quello per schiacciare il bottone rosso dell'atomica: è il banale ma verissimo concetto della reciproca distruzione assicurata, l'unico al quale dobbiamo la pace che abbiamo in Europa occidentale da 75 anni. Da Mosca dicono che in un minuto possono cancellare Parigi o Berlino? Certo, ma un minuto dopo saranno in cenere radioattiva la stessa Mosca o San Pietroburgo: non si può fare, e infatti non si fa.
Lo dicono e lo ripetono tutti gli analisti di buon senso: la pace non si difende alzando le mani tremolanti di fronte a chi fa la faccia cattiva, ma facendogli capire che non ci lasciamo intimidire. Avendo dunque un nodoso bastone a portata di mano e non illudendoci che concedendo ciò che vuole a chi ringhia e minaccia avremo la pace. È quello che è già accaduto 40 anni fa quando l'URSS di Andropov cercò di terrorizzarci e asservirci puntando i missili SS-20 sulle città europee: le nostre piazze si riempirono di «pacifisti» cattocomunisti che pretendevano il disarmo unilaterale (ovviamente il nostro) con lo slogan vigliacco «meglio rossi che morti» che per fortuna il governo non ascoltò, furono schierati a difesa i missili Cruise e abbiamo avuto altri 40 anni di pace.
La Crimea e il Donbass prima, l'Ucraina intera poi, sono state attaccate nell'erronea convinzione che europei e americani sarebbero rimasti a guardare. Che stavolta avrebbero avuto paura.
Perché è questo il punto: Putin, incapace di vincere la sua guerra, confida nella nostra viltà per ottenere una resa. Come 40 anni fa, spera nei politici suoi simpatizzanti, negli intellettuali e nei giornalisti disposti a fargli da altoparlante lucrando sulla paura di chi ha come unico orizzonte geopolitico la salvaguardia delle sue vacanze sul mar Rosso.
Confida in Donald Trump, in Marine Le Pen, in Viktor Orban e nei suoi cosiddetti patrioti pronti a trasformarsi in servi.Stendiamo un velo pietoso sui «patrioti» e sui «pacifisti» di casa nostra, ma quando usano la parola «pace» è troppo, troppo difficile credere che prima di parlare abbiano ripassato un po' di Storia.
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