Mohammed che diventa Martin e sua moglie Afsaneh che diventa Katarina.
È la storia di due profughi iraniani che, abbandonata la natia Shiraz, hanno trovato asilo a Berlino. Nella capitale tedesca la coppia non ha cambiato nome per meglio integrarsi con i berlinesi: Iran e Germania hanno legami antichi e la rivoluzione khomeinista ha spinto decine di migliaia di ex sudditi dello scià a trasferirsi nell'allora Germania ovest. Oggi la ben integrata comunità persiana conta circa 120 mila anime: Martin e Katarina sono invece i nomi assegnati ai due dopo la loro conversione dall'Islam alla fede luterana. Il racconto dell' Associated Press ha dato ai tedeschi spunti di riflessione perché Mohammed e Afsaneh sarebbero solo due fra le migliaia di nuovi folgorati sulla via di Berlino. Solo nella Chiesa evangelica della Trinità, nel quartiere residenziale di Steglitz, le conversioni di rifugiati, iraniani e afghani, sarebbero «alcune centinaia».
L'afflato religioso c'entrerebbe però solo in parte: in molti Paesi islamici l'apostasia è punita con la morte. Di conseguenza un profugo in attesa dello stato di rifugiato può presentare alle autorità tedesche una domanda per chiedere protezione da possibili persecuzioni religiose in caso di rientro nel proprio Paese. Gottfried Martens, pastore della chiesa in questione, ha riconosciuto che «alcuni» si convertono per aumentare le proprie possibilità di restare in Germania, per poi aggiungere che tuttavia queste motivazioni non sono importanti. Martens guarda al risultato e spiega che solo circa il 10% dei convertiti non torna in chiesa dopo il battesimo: «Io li invito comunque a unirsi a noi, perché so che chiunque passa da qua esce cambiato».
A dare ragione al pastore c'è anche un convertito iraniano «di lungo corso», battezzato nel 2009, secondo cui la maggior parte dei suoi connazionali si avvicina alla Chiesa solo per trarne un beneficio diretto. A contraddirlo interviene invece un parrocchiano tedesco della stessa chiesa, che al Giornale ha spiegato come tanti ex musulmani in arrivo da regioni dominate dalla Sharia «semplicemente non ne possono più: hanno visto troppa violenza e vogliono tagliarsi la barba per riappropriarsi della propria libertà». Il fenomeno non è limitato alla Germania. Di conversioni dall'Islam al cristianesimo parla anche «L'Apôtre» della regista francese Cheyenne Caron. Uscita nel 2014, la pellicola - che per il tema politicamente scorretto non ha ottenuto il finanziamento del Centre national du cinéma - non è ambientata in Afghanistan ma nella banlieue parigina. L'orgoglio contro i barbuti è anche il motivo che ha spinto alcuni convertiti di Bruxelles a fondare il «Movimento degli ex musulmani belgi». La globalizzazione è anche questo: mentre i servizi di intelligence di mezza Europa osservano un'avanzata dell'Islam radicale là dove il disagio è più forte (periferie metropolitane e carceri), il cristianesimo avanza in altre aree di difficoltà, fra le quali gli ostelli per i richiedenti asilo di cui è costellata la Germania. Per l'anno in corso il ministro tedesco dell'Interno, Thomas de Maizière, ha pronosticato l'arrivo di 800 mila rifugiati, tre quarti dei quali di fede islamica secondo le stime del Consiglio centrale dei musulmani tedeschi. Sarà il tempo a dire in quanti abbracceranno la Chiesa evangelica o quella cattolica.
E se il fenomeno permetterà di riequilibrare la crescente emorragia di fedeli: sono ormai decine di migliaia i cattolici e i luterani che si definiscono «atei» per sfuggire alle alte tasse imposte dalle due chiese direttamente nella dichiarazione dei redditi (fino al 9% delle imposte).- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.