A 19 anni avvelena i genitori. Padre ucciso, madre grave

Arrestato il giovane, ha problemi psichici. Nelle penne al salmone messo nitrito di sodio ordinato su internet

A 19 anni avvelena i genitori. Padre ucciso, madre grave

«Aiuto, mio figlio vuole ammazzarmi. Ci ha avvelenato». La telefonata arriva ai carabinieri all'ora di cena da un appartamento in via Costituzione a Ceretolo di Casalecchio di Reno, nel Bolognese. Sono passate da poco le 21, dall'altro capo del filo una donna disperata: urla di essere stata aggredita e avvelenata dal figlio. Accanto a lei, 56 anni, c'è il suo compagno, 57 anni, che però non può parlare. È a terra, agonizzante. Si è sentito male dopo aver mangiato le pennette al salmone cucinate poco prima dal 19enne di cui è il patrigno. Il giovane, in cura per problemi psichici, ha «corretto» il piatto con una sostanza tossica che ha avuto un effetto immediato sull'uomo e sulla donna: lei, resasi conto di un «sapore strano», si è fermata in tempo salvandosi la vita; lui invece non si è accorto di nulla e ha consumato tutto il piatto di pasta. Dopo pochi minuti l'uomo crolla mentre la donna è colta da forti crampi allo stomaco. Chiede spiegazioni al figlio. Lui farfuglia qualcosa. Poi tenta di strangolarla. La madre riesce a divincolarsi e chiama i carabinieri. Al loro arrivo i militari intravvedono il ragazzo in fuga scalzo con le scarpe in mano, entrano in casa e chiamano un'ambulanza.

L'uomo, già gravissimo, muore poco dopo all'ospedale Maggiore di Bologna; la donna, ricoverata in rianimazione, non è in pericolo di vita. Intanto parte la caccia al giovane. La ricerca dura poco: il 19enne si è rifugiato a Bologna in casa dei nonni. Lì i carabinieri lo trovano accovacciato in un angolo, incapace di spiegare i motivi del doppio avvelenamento e dell'aggressione alla mamma. Non oppone resistenza e si fa ammanettare. Per gli inquirenti che lo hanno arrestato con l'accusa di omicidio volontario non ha agito d'impulso, ma pianificato con cura il progetto criminale, acquistando giorni prima su Internet la sostanza tossica (nitrito di sodio) diluita poi nella pasta. Il movente resta incerto, ma probabilmente va ricercato in un mix di concause che spaziano dalla fragilità mentale all'astio (immotivato) covato nei riguardi della madre e del patrigno. Il giovane non ha confessato e oggi, assistito da uno psicologo, sarà interrogato dal pm. In passato aveva tentato più volte il suicidio, i genitori erano divisi da tempo e il ragazzo non lavorava né studiava. La mamma si era rifatta una vita con un nuovo compagno, ma questa relazione non era stata accettata dal 19enne.

I momenti drammatici dell'altra sera nel racconto dei vicini: «Abbiamo visto quella povera donna aprire la finestra del terzo piano e chiedere aiuto. Gridava: Ci ha avvelenato, ha ucciso il mio compagno». La stessa frase ripetuta qualche attimo prima ai carabinieri; ai quali nel frattempo giunge anche l'allarme di altri testimoni che descrivono «una donna in stato confusionale allontanarsi di casa». Non è l'unica persona a essere vista «sotto choc» scappare dall'appartamento: c'è anche lui, il presunto avvelenatore dei genitori. I carabinieri fanno appena in tempo a intravederlo in fuga, ma non riescono subito a bloccarlo. Del resto devono prima soccorrere la donna e tentare di rianimare l'uomo.

Quando arriva l'ambulanza, i militari sono liberi di concentrarsi sul fuggitivo che, dopo essersi disfatto del telefonino, viene due ore dopo localizzato a casa dei nonni, a Bologna. Dalla sua bocca esce solo una frase: «Voglio costituirmi». Poi più nulla. Solo silenzio. Ma forse più eloquente di una confessione.

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