Berlino e il G4 vogliono ottenere il diritto di veto

Berlino«Per risolvere i problemi serve un metodo di lavoro. E serve una riforma del Consiglio di Sicurezza che rifletta il potere reale nel mondo meglio di quanto faccia la situazione odierna». Parlando da New York la cancelliera tedesca Angela Merkel non le manda a dire e chiede di far entrare la Germania nel club dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, quella cinquina (che comprende Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna), dotata del potere di veto. Una richiesta che Merkel fa assieme ai leader di Giappone, Brasile e India (il G4), altre potenze economiche e regionali che sgomitano per entrare in pianta stabile nel massimo organo dell'Onu.

Legittime per la Germania moderna, alla quale la definizione di gigante economico e nano politico va stretta, le parole della cancelliera suonano come una dichiarazione di guerra per la diplomazia italiana. Da oltre vent'anni Italia e Germania guidano due cordate opposte e incompatibili all'Onu: Berlino è capofila del G4 e punta all'allargamento «secco» del Consiglio di Sicurezza in virtù dell'accresciuto peso politico ed economico delle quattro nazioni. Roma da parte sua si oppone alla trasformazione del Consiglio di Sicurezza in un direttorio allargato, proponendo invece la creazione di seggi a rotazione frequente, rappresentativi delle principali organizzazioni regionali come Ue o Unione africana. Una riforma più inclusiva che prenda atto dell'esistenza anche di attori globali medi e piccoli.

Fino a oggi la storia ha dato ragione all'Italia, che ha saputo coalizzare un gran numero di Paesi contro il progetto del G4. La proposta italiana piace a molti perché più democratica. Negli anni la Farnesina ha anche sapientemente coltivato le rivalità regionali: Messico e Argentina non vogliono che a rappresentare l'America Latina sia ammesso il Brasile, Paese dove non si parla neppure lo spagnolo; la Cina dal canto suo si oppone a India e Giappone; l'Africa infine non abbocca alla corte del G4 che, in caso di vittoria, le lascerebbe le briciole. «La mia sensazione è che i motivi che guidano l'atteggiamento italiano permangano oggi come 20 anni fa». Così al Giornale Francesco Paolo Fulci, ambasciatore d'Italia alle Nazioni Unite dal 1993 al 1999 e protagonista della prima fase di questa battaglia. «Se entrano Germania e Giappone, aumenta il deficit di democrazia all'Onu con ancora altri Paesi “più uguali” degli altri. Mi è difficile immaginare come questo ritorno al vizio del nazionalismo possa contribuire alla pace nel mondo».

A dispetto dell'europeismo di facciata di tanti, «la vittoria del G4 pregiudicherebbe in maniera definitiva la speranza di un seggio unico per l'Europa», spiega ancora Fulci.

Senza dimenticare che con l'ingresso di Germania e Giappone «si sbatterebbe la porta in faccia all'Italia e noi non lo meritiamo: siamo fra i primi contributori del bilancio delle Nazioni Unite in termini finanziari e i primissimi in termini di vite umane».

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