Così l'Onu copre lo scandalo degli stupri nel Palazzo di Vetro

L'organizzazione si batte contro le violenze nel mondo ma non tutela le vittime interne

Così l'Onu copre lo scandalo degli stupri nel Palazzo di Vetro

Sono i paladini della parità di genere nel mondo, perseguono i crimini più efferati in giro per il pianeta - e gli stupri di massa sono in cima all'agenda - ma poi licenziano le presunte vittime di violenze sessuali, minacciano chi denuncia di essere stata molestata e lasciano che alcuni dei propri dipendenti-predatori agiscano indisturbati per evitare di mettere in cattiva luce l'organizzazione. Un'inchiesta del britannico Guardian rompe il muro di ipocrisia e omertà che vige all'interno delle Nazioni Unite, l'organizzazione che annovera fra i cinque obiettivi globali da raggiungere entro il 2030 proprio «l'uguaglianza di genere». Una parità che al suo interno sembra essere lontana, a giudicare dalle testimonianze raccolte dal quotidiano inglese. I numeri («dozzine» di persone intervistate in dieci Paesi nel mondo) non sono rilevanti in termini di quantità per un'organizzazione che conta migliaia di dipendenti ma il contenuto delle denunce più gravi sciocca per i metodi minacciosi e l'omertà di cui le vittime raccontano.

Tra le 15 che hanno deciso di rompere il muro del silenzio - dietro anonimato perché le regole Onu così impongono ma soprattutto per paura di ritorsioni - non ci sono solo donne molestate ma anche dipendenti stuprate. E oggi rassegnate alla triste constatazione che «non c'è modo di avere giustizia». L'affermazione choc arriva proprio da una delle tre dipendente che hanno deciso di parlare e che ha denunciato di essere stata violentata da un senior, un componente paludato e di esperienza dello staff Onu. La donna racconta di aver trascorso diversi mesi in ospedale anche a causa del trauma subìto. E non è difficile capire perché: nonostante avesse denunciato, fornito referti medici e testimonianze a supporto del suo racconto, l'Onu ha stabilito con un'inchiesta interna che non ci fossero gli estremi per sostenere le sue accuse, per poi toglierle il posto di lavoro.

«Se racconti, la tua carriera è finita, specie se sei una consulente» (cioè un contratto a tempo determinato, ndr), riferisce una collega che ha cercato di ottenere giustizia dopo essere stata molestata. Tutto il contrario di quello che ufficialmente promette il segretario generale dell'organizzazione, Antonio Guterres, che ha parlato di «tolleranza zero» contro gli abusi sessuali.

In realtà, lo spaccato emerso dalle testimonianze è sconcertante. Quasi tutte raccontano di essere state apertamente scoraggiate a formalizzare le denunce da colleghi o dagli ombudsman, gli esperti giuridici preposti alla buona amministrazione dell'organizzazione e alla tutela dagli abusi. Uno di loro ha spiegato chiaramente che non avrebbe sollevato il caso perché minacciato dai «senior» dell'Onu. A questo si aggiungono indagini mai aperte oppure svolte in maniera volutamente superficiale, senza che venissero ascoltati testimoni cruciali, trascrizioni piene di errori e informazioni riservate che sono diventate pubbliche.

Con la peggiore aggravante: i presunti predatori restano al proprio posto, le vittime che denunciano lo perdono.

Un precedente eclatante c'è: nonostante le prove schiaccianti su abusi sessuali ai danni di migliaia di bambini, compiuti dai caschi blu ad Haiti, le Nazioni Unite non hanno fatto scattare alcun arresto.

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