La decrescita non è verde: la difesa dell'ambiente ora passa dal "benessere"

"Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta". Da ex presidente della Bce ha salvato l'euro, da premier Mario Draghi delinea l'impegno per una delle priorità del suo governo, l'ambiente

La decrescita non è verde: la difesa dell'ambiente ora passa dal "benessere"

«Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta». Da ex presidente della Bce ha salvato l'euro, da premier Mario Draghi delinea l'impegno per una delle priorità del suo governo, l'ambiente. D'altronde la sensibilità personale era già emersa nel primo consiglio dei ministri in cui aveva annunciato che il suo sarebbe stato un esecutivo «verde». Ed era chiaro anche nei giorni delle consultazioni, con la decisione di istituire il ministero della Transizione ecologica, condizione necessaria anche per il via libera di Beppe Grillo al sostegno da parte del Movimento cinque stelle. Anche se poi su quella casella si è innescata la rivolta dell'ala grillina più ostile, che ha contestato l'efficacia del «super ministero» così come lo intendeva il leader pentastellato. Del resto l'ambientalismo tratteggiato da Draghi nel suo discorso ieri al Senato è lontano dal modello della decrescita felice che da sempre è il cavallo di battaglia proprio dei cinque stelle. La direzione impressa dal premier sul «green» guarda allo sviluppo produttivo, alla creazione ricchezza e lavoro, al benessere sociale: «Proteggere il futuro dell'ambiente, conciliandolo con il progresso e il benessere sociale, richiede un approccio nuovo», dice Draghi. Parole ben lontane da quelle pronunciate solo pochi giorni fa proprio da Grillo secondo cui «è l'economia che rovina l'ambiente».

Di certo quella che ha in mente il premier è «una sfida poliedrica» per mettere al centro «l'ecosistema in cui si svilupperanno tutte le azioni umane». In Aula ripete che «uscire dalla pandemia non sarà come riaccendere la luce» dopo «un'interruzione di corrente». Ed è in questa transizione economica e sociale che si deve innestare il cambiamento. Il punto è il «mondo che troveremo» una volta superato il virus. Con questa lente va letta la volontà di Draghi di impostare una visione strategica a lungo termine sulle risorse del Recovery Fund: «Dovremo dire dove vogliamo arrivare nel 2026 e a cosa puntiamo per il 2030 e il 2050, anno in cui l'Unione Europea intende arrivare a zero emissioni nette di Co2 e gas clima-alteranti».

L'urgenza di una programmazione politica è data anche dalla relazione che il premier delinea tra natura e pandemia: «Il riscaldamento del pianeta ha effetti diretti sulle nostre vite e sulla nostra salute, dall'inquinamento, alla fragilità idrogeologica, all'innalzamento del livello dei mari che potrebbe rendere ampie zone di alcune città litoranee non più abitabili. Lo spazio che alcune megalopoli hanno sottratto alla natura potrebbe essere stata una delle cause della trasmissione del virus dagli animali all'uomo». E qui Draghi cita il Pontefice: «Come ha detto papa Francesco, le tragedie naturali sono la risposta della terra al nostro maltrattamento. E io penso che se chiedessi al Signore che cosa pensa, non credo mi direbbe che è una cosa buona: siamo stati noi a rovinare l'opera del Signore». Crescita sostenibile significa che «anche nel nostro Paese alcuni modelli dovranno cambiare», dice il premier. A partire da quello del turismo «un'attività che prima della pandemia rappresentava il 14 per cento del totale delle nostre attività economiche. Imprese e lavoratori in quel settore vanno aiutati ad uscire dal disastro creato dalla pandemia».

Draghi sa che scelte difficili attendono il suo governo nei prossimi mesi. Ambiente e lavoro si intersecano anche nella gestione della crisi economica: «Sarebbe un errore proteggere indifferentemente tutte le attività economiche. Alcune dovranno cambiare, anche radicalmente. E la scelta di quali attività proteggere e quali accompagnare nel cambiamento è il difficile compito che la politica economica dovrà affrontare».

Ma la lista degli interventi da realizzare con le risorse dell'Unione europea è chiara: «La produzione di energia da fonti rinnovabili,

l'inquinamento dell'aria e delle acque, le reti di distribuzione dell'energia per i veicoli a propulsione elettrica, la produzione e distribuzione di idrogeno, la digitalizzazione, la banda larga e le reti di comunicazione 5G».

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