"Diffamato il Don Gnocchi". Sospeso chi ha denunciato

La clinica allontana i 18 dipendenti della coop esterna che hanno presentato esposto in procura

"Diffamato il Don Gnocchi". Sospeso chi ha denunciato

Mentre inizia la prima tornata di interrogatori di testimoni da parte della Guardia di finanza al Pio Albergo Trivulzio, scoppia un caso che porta in primo piano uno degli aspetti meno raccontati del dramma degli ospizi investiti dal coronavirus: lo scontro sindacale. A denunciare all'esterno le presunte mancanze di sicurezza all'interno delle Rsa sono stati quasi sempre esponenti di organizzazioni soprattutto legate al sindacalismo di base. É successo al Trivulzio, è accaduto al Don Gnocchi e in altre strutture. E ieri proprio il Don Gnocchi, la Rsa ecclesiastica dove si sono contati 150 morti, parte al contrattacco con una mossa ad alto impatto mediatico: i 18 lavoratori che avevano firmato la denuncia inviata alla Procura vengono dichiarati «persone non gradite» e sospesi dal servizio con effetto immediato.

Non si tratta di dipendenti della Fondazione ma di una cooperativa, composta in buona parte di lavoratori stranieri, che nella casa di riposo, la Ampast. Ora anche il presidente di Ampast, Ndiaie Papa Waly, è indagato per epidemia e omicidio colposo sulla base della denuncia presentata dai dipendente della coop. E ieri, in contemporanea con il provvedimento emesso dalla Fondazione, Ampast fa partire 18 provvedimenti disciplinari contro gli autori dell'esposto.

Ai dipendenti non viene contestato tanto l'aver firmato la denuncia, che era un loro diritto, quanto averla divulgata ai media e avere rilasciato interviste, spesso corredate da video registrati nei reparti, che sia Don Gnocchi che Ampast considerano diffamatori. Ma i dissapori sindacali erano iniziati da ben prima dell'epidemia, l'anno scorso una parte dei dipendenti di Ampast aveva fatto causa alla cooperativa e di rimbalzo alla Fondazione per un problema di inquadramenti salariali. Il clima era già pesante.

Il Don Gnocchi è una struttura privata, e ha potuto imboccare la strada dello scontro frontale. Al Trivulzio, che è un ente pubblico, è molto difficile che si possa andare nella stessa direzione. Ma da settimane anche al Pat è palpabile l'insofferenza dei vertici contro le denunce a ripetizione che vengono da ambienti sindacali in rotta di collisione con l'azienda, regolarmente seguite da interviste anonime. Le ultime ieri, di alcune operatrice sanitarie che descrivono una situazione fuori controllo, con il «trasferimento da un reparto all'altro di pazienti che dovrebbero restare isolati, senza che vengano effettuati i tamponi», mentre il personale è sottoposto a uno stress intollerabile, «i colleghi sono psicologicamente distrutti». E il Comitato Giustizia e Verità per le vittime del Pat denuncia che «da informazioni non ufficiali che abbiamo raccolto da inizio marzo sono circa 200 gli anziani deceduti su mille degenti, circa 200 sono quelli positivi al Covid-19».

Da ieri, con l'inizio dei primi interrogatori la fase dell'anonimato è destinata ad esaurirsi.

La Guardia di finanza ha sentito a verbale, in videoconferenza, i primi testimoni di quanto accaduto al Trivulzio a partire dalla fine di febbraio. Nei prossimi giorni toccherà a dirigenti sanitari, medici, infermieri, parenti di degenti. E sindacalisti.

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