Buono il risultato, ma il metodo Rai è da Ventennio

Ottima scelta la Maggioni, ma nella circostanza della nomina del presidente della Rai, Renzi non si è smentito

Monica Maggioni a un convegno a Borgo La Bagnaia (Siena)
Monica Maggioni a un convegno a Borgo La Bagnaia (Siena)

L a mia famiglia ha accolto con unanime compiacimento e anche con un certo sollievo la nomina di Monica Maggioni alla presidenza Rai. Compiacimento perché, come si suol dire in questi casi, «è una del ramo». Mastica televisione da sempre, è intelligente, brava, simpatica, conosce l'ambiente ed è anche una bella donna, il che non guasta. Sollievo perché non andava a nessuno di noi, neppure a me, che io passassi le giornate a Roma, da solo e in albergo; né tanto meno mia moglie era entusiasta di doversi trasferire nella Capitale e immergersi nel mondo parapolitico e paramondano romano per starmi vicino. Inoltre, dispiaceva a tutti dover rinunciare a passare almeno metà dell'anno in campagna, nella nostra casa in Provenza. Avevo accettato l'offerta di essere uno dei candidati alla presidenza perché non rifiuto mai quando mi viene offerto un incarico ragionevole che so di poter eventualmente ricoprire decorosamente. Considero l'accettazione una questione di buona educazione e di cortesia nei confronti di chi mostra di apprezzarmi. Se, poi, la cosa non va in porto, continuo a fare il mio mestiere senza rimpianti, che è quello del giornalista, come sto facendo al Giornale , dove, oltre tutto, mi trovo bene.

Per le ragioni dette - di certo non perché sia deluso della nomina della Maggioni, con la quale mi congratulo e alla quale faccio i miei auguri - mi è parso, però, francamente sbagliato il comportamento del presidente del Consiglio, cui spettava l'ultima parola. Aveva detto di volere un presidente femmina e che, senza una rosa di donne sulla quale scegliere, non se ne sarebbe fatto niente. A me pare che neppure Mussolini, che non era propriamente un liberale e un democratico e per definizione «aveva sempre ragione», si sarebbe comportato allo stesso modo. Temo che Renzi - cui l'incarico di capo del governo ha evidentemente dato alla testa - confonda il decisionismo col fascismo, solo che il primo è compatibile con la democrazia, mentre il secondo non lo è per niente. Che il capo del governo debba saper decidere è una cosa; un'altra è che voglia imporre la sua volontà a dispetto dei santi. Di questo passo, qui c'è il rischio che nasca una sorta di regime autoritario nell'indifferenza generale, con a capo un ragazzotto spregiudicato, furbo e cinico, sceso da Firenze, dove faceva solo il sindaco, senza alcuna preparazione politica e democratica.

Non lo dico da ex candidato maschio. Nella circostanza della nomina del presidente della Rai, Renzi non si è smentito. È naturalmente uno spirito autoritario e come tale si è comportato, ponendo un diktat al Consiglio di amministrazione. Inutile aggiungere che, stando così le cose, c'è il rischio nasca una regime autoritario del quale non si avverte di certo il bisogno. A molti italiani piace un capo del governo che decida, invece di mediare in continuazione come facevano quelli che lo hanno preceduto. Ma un conto è decidere; un altro è imporre la propria volontà a dispetto degli altri e delle procedure democratiche. Se, poi, si impone una volontà che non produce risultati, se non a favore della propria ambizione personale e della propria sete di potere, il rischio aumenta...

L'Italia è su un crinale.

Può restare una democrazia rappresentativa, con tutte le sue carenze, oppure pendere verso una degenerazione autoritaria, con a capo il presidente del Consiglio. I prodromi ci sono tutti, anche se si tratta di un paradosso democratico.

piero.ostellino@ilgiornale.it

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