L'epidemia scende con estrema lentezza e, se fosse mantenuto l'attuale lockdown, le regioni uscirebbero dall'emergenza in ordine sparso. Per esempio, nonostante sia stata la prima ad essere travolta dal coronavirus, la Lombardia potrebbe contare zero casi di contagio il 28 di giugno. Le Marche taglierebbero il traguardo solo il giorno prima. L'Abruzzo dovrebbe avere pazienza fino al 7 maggio e la Campania fino al 9. Il Veneto dovrebbe attendere il 21 maggio, mentre per Emilia-Romagna, Toscana e anche per Bolzano, bisognerebbe far scorrere l'intero mese. Scenario molto più ottimistico per l'Umbria e la Basilicata che sarebbero liberate dal Covid già il 21 aprile seguite, otto giorni dopo, dalla Sardegna. Le altre Regioni oscillano, per l'azzeramento dei contagi, tra la fine di aprile e la metà di maggio.
Queste sono le proiezioni dell'Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, coordinato da Walter Ricciardi, direttore dell'Osservatorio e ordinario di Igiene all'università Cattolica, e da Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell'Osservatorio. «La fine dell'emergenza Covid-19 in Italia potrebbe avere tempistiche diverse nelle regioni a seconda dei territori più o meno esposti all'epidemia» ammettono e così, proprio nel momento di pianificazione della cosiddetta fase 2, «è quanto mai necessario spiega Solipaca - fornire una valutazione sulla gradualità e l'evoluzione dei contagi al fine di dare il supporto necessario alle importanti scelte politiche dei prossimi giorni». L'Osservatorio ha effettuato un'analisi basata sui dati della Protezione civile dal 24 febbraio al 17 aprile, con l'obiettivo «di individuare non la data esatta, ma la data prima della quale è poco verosimile attendersi l'azzeramento dei nuovi contagi».
Il lavoro è stato svolto sulla base di modelli statistici stimati per ogni regione «di tipo regressivo, (di natura non lineare) e quindi non di tipo epidemiologico, pertanto non fondati sull'ammontare della popolazione esposta, di quella suscettibile e sul coefficiente di contagiosità R0, ma approssimano l'andamento dei nuovi casi osservati nel tempo». Ma attenzione, le proiezioni tengono conto dei provvedimenti di lockdown. Quindi «eventuali misure di allentamento con riaperture delle attività e della circolazione di persone che dovessero intervenire a partire da oggi, renderebbero le proiezioni non più verosimili». Insomma, tutto lo scenario descritto potrebbe essere ribaltato. E per questo, ammoniscono gli esperti, anticipare la fine del lockdown troppo presto potrebbe «riportare indietro le lancette della pandemia».
Dunque, secondo lo studio, se ci fosse una riapertura a livello nazionale il 4 maggio si giocherebbe con il fuoco. Meglio la gradualità. Ma potrebbero esserci sorprese se sorgessero (speriamo di no) nuovi focolai nelle regioni con meno diffusione o se ci fosse un abbassamento più repentino della curva dei contagi in quelle più colpite dal virus. I dati, infatti, non possono prevedere i comportamenti virtuosi della popolazione né l'efficacia delle misure che si mettono in campo.
Tra l'altro, gli stessi specialisti sottolineano che «la precisione delle proiezioni è legata alla corretta rilevazione dei nuovi contagi. È infatti noto che questi possono essere sottostimati a causa dei contagiati asintomatici e del numero di tamponi effettuati». E anche con queste due variabili lo scenario potrebbe ribaltarsi ancora una volta.
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