Quella dell'Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) non è stata una polemica, ma un cinico regolamento di colpi. Una vendetta studiata a tavolino per colpire e affondare Stefano Versari, un capo dipartimento del ministero dell'Istruzione colpevole di aver realizzato il dettato della legge istitutiva del Giorno del Ricordo. Un dettato che invita, come ha fatto Versari, a sensibilizzare insegnanti e alunni alla commemorazione delle foibe e dell'esodo attraverso incontri con storici qualificati e associazioni degli esuli. Ma l'impegno su quel tema in un paese, e in una scuola, dove il negazionismo di sinistra è ancora assai diffuso può rivelarsi un esercizio pericoloso. Ed infatti la circolare con cui Versari invitava gli istituti scolastici a non sottovalutare l'importanza del Giorno del Ricordo, sottolineando come l'eccidio degli italiani fosse stato preceduto dal genocidio degli ebrei, ha scatenato la più bieca e immotivata delle rappresaglie.
L'innocente circolare è stata immediatamente messa all'indice da un comunicato dell'Anpi che la definiva «storicamente aberrante e inaccettabile» in quanto colpevole di equiparare il genocidio degli ebrei e i massacri degli italiani. Ora è evidente che in quella circolare non c'era nulla di moralmente riprovevole o storicamente inaccettabile. La contestazione «partigiana» puntava soltanto a trasformare Versari in un bersaglio esponendolo ad una di quelle gogne tanto care alla sinistra. Ma qual'è l'origine di tanta acredine? Per capirlo bisogna andare in quella Siena dove l'8 e il 9 febbraio scorsi si svolgono due convegni di orientamento decisamente opposto. Da una parte quello semi-deserto e d'impostazione chiaramente negazionista organizzato dal rettore per l'Università degli stranieri Tomaso Montanari in cui si avvalora l'ipotesi che l'istituzione del Giorno del Ricordo risponda ad un «uso politico della memoria» e sia frutto del «revanscismo fascista». Dall'altra quello, assai più equilibrato e qualificato, organizzato da Versari per conto del ministero e d'intesa con le «Associazioni degli esuli istriani fiumani e dalmati». Un convegno in cui settanta docenti e studenti di tutta la Toscana hanno ascoltato il parere di studiosi, storici e professori come Raoul Pupo, Gianni Oliva e Davide Rossi considerati vere autorità in tema di foibe ed esodo. Quel convegno, come gli altri organizzati in precedenza da Versari, rappresenta un'autentica stilettata al cuore per i negazionisti che ancora si annidano nelle sedi dell'Anpi e nella scuola italiana.
«Per i negazionisti, pronti a sfruttare l'ancora diffusa ignoranza sull'argomento, convegni come quello di Siena, a cui Versari ha presenziato personalmente, rappresentano un formidabile minaccia perché trasformano gli insegnanti in una catena di trasmissione della conoscenza capace, in seguito, di formare centinaia di studenti. Per questo Versari è finito nel mirino» - spiega a Il Giornale un docente presente all'incontro di Siena.
Ma il lato più paradossale della vicenda è la scaltra ritirata del ministro dell'istruzione Patrizio Bianchi prontissimo a scaricare il proprio capo Dipartimento firmando una rettifica in cui sottolinea che «ogni dramma ha la sua specificità e non va confrontato con altri». Come dire che non tutti i morti sono uguali. E quelli delle foibe meno uguali di tutti gli altri.
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