Genova - Il giocattolo Liguria si è rotto. E il Pd conta i pezzi che si disperdono. In serata Giovanni Toti, il candidato del centrodestra al governo della Regione, già forte dell'alleanza con la Lega, ha stretto un patto pure con Area popolare, la formazione politica che raggruppa Ncd e Udc e potrà così contare sul sostegno anche di questa fascia di elettorato. Vista da questa angolazione una giornata che fa sognare, vista dalla prospettiva del centrosinistra una giornata da dimenticare.
Già, perché nel Pd ligure qualcuno ha deciso di fare i conti con sé stesso e stop, considerato che, in queste ore, 200 fra militanti e dirigenti fedelissimi di Matteo Renzi e del padre-padrone della regione, Claudio Burlando, hanno deciso di rompere con le logiche di partito e di votare solo ed esclusivamente seguendo la loro coscienza. Una sorta di «ammutinamento» che, in vista del voto del 31 maggio, aggiunge problemi a problemi per il partito del premier.
Anche perché la lista degli «ammutinati» include nomi eccellenti tra cui il vice presidente della Regione Liguria, assessore alla Sanità, Claudio Montaldo, alcuni presidenti di Municipi, da Jole Murruni (Valpolcevera) a Giuseppe Spatola (Medio Ponente) alcuni sindacalisti, il presidente dell'Anpi Massimo Bisca.
Come interpretare questo forte segnale di disaccordo? Secondo quanto abbiamo potuto ascoltare in alcune delle sezioni storiche del partito, questa è la reazione alle amarezze lasciate dalle primarie, che, non solo hanno spaccato il partito tra i sostenitori dell'assessore regionale alla Protezione Civile, Raffaella Paita e quelli di Sergio Cofferati, ma che ha determinato poi l'abbandono dello stesso Cofferati. Che, sconfitto, ha lasciato il Pd, denunciando una serie di irregolarità nelle procedure di voto.
Sconcerto e imbarazzo palpabile anche nelle sedi più rappresentative del partito. Ai firmatari dell«ammutinamento», che hanno messo per iscritto che non necessariamente voteranno la candidata presidente del Pd e del centrosinistra, Raffaella Paita, il segretario regionale, Giovanni Lunardon manda a dire, disperatamente: «Il vostro documento arriva nel momento peggiore, nel momento in cui lo sforzo di tutti noi è rivolto al successo del Pd, del centrosinistra e della nostra candidata Raffaella Paita che chiede unità. Tutti votiamo secondo coscienza e secondo convinzioni politiche, ma mai come questa volta il voto sarà politico. La sfida è tra noi e il centrodestra, tra noi e Toti. Ogni voto perso su di noi è un voto guadagnato per Toti. Per questo non condivido il documento, pur conoscendo la buona fede di tanti che lo hanno sottoscritto».
E il segretario del Pd genovese Alessandro Terrile aggiunge: «È singolare trovare tra i firmatari chi ha condiviso anni di politica regionale, senza mai un accenno di critica o distinguo. Considero il documento più un attacco a me e al Pd genovese, che a Raffaella Paita». Mentre da osservatore, oramai «esterno» Sergio Cofferati commentando la fronda anti-Paita regala ai giornalisti anche il suo punto di vista: «Non faccio più parte del Pd sostengo un altro candidato che è Luca Pastorino.
Ma è evidente che se degli iscritti e degli elettori pubblicamente prendono una posizione come quella, esplicitano uno stato di disagio e di contrarietà interno molto ardito. Come tenerne conto e affrontarlo è un problema che riguarda il partito democratico, non mi permetto di interferire. Quello che è evidente è che c'è un fortissimo disagio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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