La fuga, la setta, la testa mozzata. Gli amici: "Stefano non si è suicidato"

Del 23enne piacentino non si avevano notizie dall'8 febbraio. Quel biglietto: "Mi tolgo la vita". Una fine tra dubbi e misteri

La fuga, la setta, la testa mozzata. Gli amici: "Stefano non si è suicidato"

Un ragazzo che stava attraversando un momento di crisi, ma con tutte le capacità mentali per venirne fuori. Il profilo psicologico di Stefano Barilli, il 23enne di Piacenza di cui dall'8 febbraio scorso si erano perse le tracce, non sarebbe compatibile con la drammatica decisione di togliersi la vita. Pur tra mille dubbie e tante domande senza risposte, ne sono convinti quelli che a Stefano volevano bene, in primis familiari e amici. Eppure il corpo trovato l'altro ieri nel Po sembra essere proprio quello di Stefano: i documenti addosso al cadavere riportano i suoi dati anagrafici, anche se la certezza dell'identità arriverà solo con l'autopsia e l'esame del Dna. Gli inquirenti propendono per la pista del suicidio, tesi avvalorata anche dal ritrovamento di un biglietto d'addio e il proposito di togliersi la vita. Caso chiuso, quindi? No, perché sullo sfondo di questa tragedia ci sono ancora diversi aspetti che non tornano. Dov'è stato Stefano dall'8 febbraio in poi? Chi lo ha ospitato? Come mai si è allontanato da casa con modalità inedite per situazioni di questo tipo? Le «strane ricerche» effettuate sul web da Stefano hanno a che fare con la sua sparizione? L'ipotesi «setta» è solo una suggestione priva di fondamento o è plausibile? E, se sì, su questo fronte i controlli sono stati a 360 gradi?

La Procura di Lodi, che sulla vicenda di Stefano aveva aperto un fascicolo, blocca in un frame l'ultima scena della tragedia: «Lo stato in cui è stato ritrovato in acqua il cadavere di un giovane nel Po a Caselle Landi (Lodi) appare compatibile con il degrado ipotizzabile dati i giorni trascorsi dalla scomparsa, l'8 febbraio scorso, di Stefano Barilli». Il cadavere è stato rinvenuto sabato impigliato nella vegetazione a alcuni metri dalla riva e la Procura ha ritenuto opportuno precisare che «la testa non appare tagliata di netto ma, invece, vi sono lesioni compatibili con danni arrecabili dalla fauna acquatica»; un epilogo doloroso reso ancor più amaro dal linguaggio della burocrazia. Tanto più che la chiave del giallo non è certo in cosa sia accaduto al corpo di Stefano «dopo» essere stato gettato nel fiume, ma ciò che gli è successo «prima». E forse, in questo senso, qualche sforzo investigativo in più si poteva fare. Va ricordato come la brutta storia di Stefano si sia a lungo incrociata con quella di un altro suo coetaneo: Alessandro Venturelli, sparito (e mai ritrovato) due mesi prima che Stefano facesse perdere le proprie tracce. A unire, apparentemente, le sorti di Stefano e Alessandro era stata una foto che sembrava ritrarli insieme alla stazione Centrale di Milano: un'immagine scattata il 18 febbraio da una ragazza che, giorni prima, aveva assistito alla trasmissione «Chi l'ha visto» in cui si era parlato della scomparsa di Alessandro.

La foto fu poi rilanciata nelle puntate successive da «Chi l'ha visto?», finché altri due giovani si riconobbero in quell'immagine smentendo quindi che si trattasse di Alessandro e Stefano. Insomma, un po' quello che è successo, sempre a «Chi l'ha visto?», in tempi più recenti con la fake news della povera Denise Pipitone alias Olesya Rostova.

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