Eccola, la linea. «Ci siederemo al tavolo, valuteremo il progetto, che deve essere anche politico, poi decideremo», si schermisce un deputato grillino a taccuini chiusi. Ma in realtà la strada è già tracciata. E alla fine è anche questione di numeri. Un altro esponente del M5s alla seconda legislatura fa di conto. «Dicendo No a Draghi perderemmo venti o trenta parlamentari, mentre così, con un governo politico e un endorsement di Conte, al massimo una quindicina», ragiona. Forse la stima è ottimistica, ma tra gli indecisi c'è anche chi valuta l'astensione. Comunque il via libera di Conte arriva nel pomeriggio, a una condizione: il governo politico. Che poi è la linea abbozzata mercoledì da Luigi Di Maio in assemblea. Così dopo le convulsioni di un Vito Crimi allo sbando, la triangolazione tra Di Maio, Conte e Beppe Grillo risolve l'inghippo. Il Garante contatta tutti i big. Sente il premier uscente. E però gli uomini del dialogo non si fidano fino in fondo di Grillo, né di Conte. Anche alla luce delle condizioni fatte trapelare dal fondatore. Un libro dei sogni che va dal reddito di cittadinanza all'acqua pubblica, fino alla banca pubblica.
Di Maio delinea i contorni del sì pentastellato. «Comprendo gli animi e gli umori di queste ultime ore. È legittimo. Stiamo attraversando una crisi politica complessa e non abbiamo colpe», premette il ministro degli Esteri uscente. Poi arriva al cuore della questione, aprendo di fatto all'ex governatore della Bce. «È proprio in queste precise circostanze che una forza politica si mostra matura agli occhi del Paese - dice Di Maio - in questa fragile cornice, il M5s ha, a mio avviso, il dovere di partecipare, ascoltare e di assumere poi una posizione sulla base di quello che i parlamentari decideranno».
Ed è forse ancora più pesante la frase di Virginia Raggi, sindaco di Roma, che per un periodo, dopo aver annunciato la sua ricandidatura in barba al Pd, era diventata uno dei riferimenti dell'ala dura vicina ad Alessandro Di Battista. Raggi in un'intervista al Foglio getta il cuore oltre l'ostacolo. «È il momento di rompere gli schemi: con Mario Draghi si dialoghi. E sui temi!», spiega la sindaca. Ancora Raggi: «Non vedo un parallelo con l'esperienza Monti. Il prossimo governo, infatti, avrà il compito di gestire risorse e rilanciare lavoro ed economia nella fase post-Covid». I ribelli minacciano battaglia a Palazzo Madama, ma per i vertici è un rischio calcolato. Intanto è stata disinnescata l'operazione di Emilio Carelli, che puntava a raccogliere i M5s filo-Draghi.
I «grillini per Draghi» parlano di governo politico. Uno dei nomi stellati di queste ore è Stefano Patuanelli, titolare uscente del Mise. Per lui potrebbero esserci le Infrastrutture. Ma il M5s punta anche a piazzare qualche altra casella, magari con dei tecnici d'area, e incassare un paio di sottosegretari. Conte, che di fatto si è proposto come federatore del centrosinistra Pd-M5s, secondo il borsino della giornata non dovrebbe entrare nel governo. Pure l'avvocato però potrebbe pretendere qualche posto per i suoi fedelissimi. Intanto il reggente Vito Crimi, con la sua linea sconfessata da Di Maio in poche ore, rilancia sul reddito di cittadinanza. Il reddito di cittadinanza per Crimi «è una misura che in questi mesi ha anche fatto da scudo al rischio di tensioni sociali e che ha aiutato quasi 3 milioni di italiani».
Appuntamento a domani, quando Draghi incontrerà la delegazione del M5s. Crimi conclude: «Porteremo al tavolo il M5s con la sua storia, le sue battaglie e le sue visioni. E, chiaramente, fra queste il reddito di cittadinanza è uno dei punti fermi».
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