Johnson: "Non mi dimetto". Ma spunta l'ennesima bugia

Il premier ha sempre negato, però è intervenuto per evacuare animali e staff dell'ong amica da Kabul

Johnson: "Non mi dimetto". Ma spunta l'ennesima bugia

Un'altra menzogna data in pasto all'opinione pubblica e Boris Johnson incassa l'accusa di «bugiardo patologico» dall'opposizione laburista, che aspetta di vedere il suo cadavere passare lungo la riva del Tamigi dopo la diffusione - questione di ore - delle conclusioni sull'inchiesta indipendente sulle feste in lockdown (il partygate) e la successiva apertura di un'indagine di Scotland Yard. Il primo ministro fa appena in tempo a ripetere «non mi dimetto» alla Camera dei Comuni, dove il «rosso» Keir Starmer chiede più volte la sua uscita di scena, che un'altra tegola piomba sulla testa di Johnson, facendolo passare per il capo di governo che non solo ha mentito alla nazione, ma ha anche dato priorità agli animali invece che alle persone nell'evacuazione dall'Afghanistan. Eccola l'ultima accusa, contenuta in una serie di e-mail del Foreign Office, datate fine agosto e passate sotto banco da una gola profonda alla Commissione per gli Affari Esteri del governo, dove è in corso un'indagine sulla gestione della crisi in Afghanistan. Le lettere provano che, mentre molti collaboratori del governo inglese venivano lasciati a Kabul rischiando la vita, Johnson interveniva invece per autorizzare l'evacuazione del personale e di 150 animali di Nowzad, l'associazione di beneficenza guidata da Paul Farthing, ex marine della Royal Navy che nella capitale afghana ha creato un rifugio per cani e gatti, ma soprattutto amico della moglie del premier, la first lady ecologista Carrie. Il punto è che, incalzato sull'argomento, lo scorso 7 dicembre, a chi gli chiedeva se fosse intervenuto per favorire l'evacuazione di Nowzad, Boris rispondeva seccamente: «No, totali sciocchezze». Eppure le e-mail parlano chiaramente di «decisione del premier» e altre mostrano che, per giustificare la mossa, Farthing e il suo staff siano stati fatti passare per «veterinari». Favoritismi e una plateale bugia, dopo che il premier è accusato di aver mentito per aver definito «riunioni di lavoro» le feste tenute a Downing Street. Dominic Cummings, l'ex braccio destro di Boris, ora diventato il nemico che più di tutti trama contro il premier, cavalca l'episodio, che probabilmente ha contribuito a svelare, e spiega nel suo linguaggio colorito: «Tutti a Westminster sanno perché abbiamo messo dei fottuti gatti sull'aereo e abbiamo lasciato che i talebani impiccassero le persone tagliate fuori» dall'evacuazione. Sottinteso: dietro questa storia c'è lo zampino di Carrie, la first lady che ha contribuito a defenestrare Cummings e ormai ribattezzata «Carrie Antoniette» dai detrattori come lui, che la considerano influente e spietata come la regina decapitata dai francesi.

L'ultima rivelazione è l'ennesimo colpo che rischia di portare Boris Johnson fuori da Downing Street, mentre il primo ministro è sulla graticola, in attesa delle conclusioni dell'inchiesta interna sulle feste in lockdown. La funzionaria Sue Gray, che guida l'indagine, pare abbia fatto sapere a Downing Street di aspettarsi che i risultati vengano divulgati per intero entro «ore» dal momento in cui saranno ricevuti. Il premier vive i momenti più turbolenti del suo mandato, dopo essere diventato anche il primo leader sotto inchiesta di Scotland Yard da 15 anni a questa parte, da quando il premier laburista Tony Blair fu sentito dalla polizia nel 2016 per lo scandalo «cash for honours», soldi in cambio di seggi alla Camera dei Lord.

Eppure Johnson continua a difendersi senza esitazioni. Lo ha fatto di nuovo ieri in Parlamento, quando il Labour lo denigrava per «lo spettacolo», offerto ai cittadini, di un premier sotto indagine.

«Siamo l'economia del G7 che cresce più in fretta grazie al fatto che non abbiamo fatto i lockdown che il Labour chiedeva». E il leader dei Conservatori in Parlamento, il falco Jacob Rees Mogg, avverte i deputati Tory che potrebbero avviare la sfiducia al primo ministro: «Se Boris fosse cacciato, bisognerebbe andare ad elezioni».

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