La "guerra santa" che spaventa Matteo

Renzi rischia di essere davanti a un bivio. Perché se davvero il ddl Cirinnà si andasse ad impantanare non avrebbe più alcun alibi. Soprattutto nei confronti del suo elettorato

La "guerra santa" che spaventa Matteo

Per Matteo Renzi, paradossalmente, potrebbe diventare uno dei fronti più delicati. E non certo perché Angelino Alfano promette che Ncd «farà sentire la sua voce in Parlamento», eventualità questa che non preoccupa affatto il premier.

Non solo perché dentro il Nuovo centrodestra sono troppo affezionati alle poltrone per alzare davvero la voce, ma soprattutto perché, anche fosse, ci vorrebbe un attimo a rimpiazzare una manciata di senatori centristi con altrettanti «responsabili». Il punto, invece, è che il Family day di ieri rischia di spostare i riflettori sul dibattito in corso al Senato sulle unioni civili, magari trasformando il ddl Cirinnà in una sorta di trofeo simbolico, per l'una e l'altra parte. Per chi le avversa, come la piazza di ieri, e per chi le sostiene, come - seppure con sfumature diverse - la maggior parte delle forze politiche. Oltre al resto dell'Europa occidentale, visto che dopo il referendum in Irlanda è l'Italia l'unico Paese a non avere nemmeno una legge che regolamenta le unioni civili tra persone dello stesso sesso.

Insomma, se sul testo in discussione al Senato si inizia ad aprire una sorta di guerra santa, le conseguenze per Renzi potrebbero essere imprevedibili. Al netto del solito balletto di cifre sulla partecipazione alla manifestazione di ieri a piazza San Giovanni, è infatti chiaro che lo scenario va cambiando rispetto al passato e che una qualche regolamentazione dovrà prima o poi arrivare. Non è un caso che questo Family day sia stato di molto differente rispetto a quello del 2007, quando ad organizzare l'evento fu la Chiesa che si opponeva ai Dico proposti dal governo di Romano Prodi. E in quell'occasione scesero in piazza anche tutti i partiti del centrodestra, con Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini in prima fila. Il quadro oggi è ben diverso perché Papa Francesco ha un approccio diverso dal suo predecessore Benedetto XVI, tanto che, ufficialmente, la Chiesa non era in piazza ieri. Come non lo era buona parte del centrodestra, a parte alcune presenze a titolo personale e l'adesione in blocco di Ncd. Anzi, rispetto a dieci anni fa su questi temi Forza Italia ha un atteggiamento decisamente più aperto.

È per tutte queste ragioni che Renzi rischia di essere davanti a un bivio.

Perché se davvero il ddl Cirinnà si andasse ad impantanare non avrebbe più alcun alibi. Soprattutto nei confronti del suo elettorato, soprattutto dopo essersi impegnato in prima persona, soprattutto dopo il plebiscito di «sì» nella cattolica Irlanda.

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