Niente «guerra delle due rose»: il centrosinistra, nonostante le insistenze di Giuseppe Conte, non contrappone sue terne di nomi a quella fatta dal centrodestra.
«Abbiamo voluto semplicemente dimostrare che noi abbiamo la buona volontà di cercare una soluzione condivisa», dice il segretario Pd Enrico Letta, al termine di una lunga e sofferta riunione serale con le delegazioni Cinque stelle e Leu. La cui conclusione è un comunicato congiunto in cui si chiede un incontro di «delegazioni ristrette» (ossia i soli leader) di tutti gli schieramenti per «accelerare il dialogo con il centrodestra» e arrivare a una possibile proposta comune, visto che nessuno «ha la maggioranza»: «Chiudiamoci a pane e acqua e buttiamo la chiave finché non si decide, perché non credo che il paese possa restare ad aspettare altri giorni sulle schede bianche», insiste il leader dem. Che per mostrarsi aperto al dialogo evita di bocciare la rosa degli avversari: «Sono sicuramente nomi di qualità, che valuteremo senza pregiudizi», anche se non ritenuti votabili unitariamente. Salvini, Meloni e Tajani fanno mostra di apprezzare la risposta, ma intanto nel Pd sale l'allarme sulle reali intenzioni del segretario della Lega, con il sospetto che «voglia arrivare alla forzatura di un voto a maggioranza», magari sul nome tenuto fuori dalla rosa, anche per evitare sgrammaticature istituzionali, ossia quello della presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati, contando sull'apporto di renziani («Potrebbero puntare a prendersi la presidenza del Senato», insinuano i dem) e grillini. «Ma così salterebbe tutto, maggioranza di governo inclusa», dice un esponente di governo Pd, «e vorrebbe dire che Salvini vuole andare al voto».
Al di là dei sospetti, l'evidenza a sera resta quella dello stallo complessivo e delle divisioni interne a schieramenti e partiti. A sinistra, fin dal mattino, è altissima la tensione tra Pd e Giuseppe Conte, l'alleato infido che oltre a fare il diavolo a quattro per fermare con ogni mezzo la candidatura dell'odiato Mario Draghi, sponsorizzata da Letta, sta trescando per conto suo con il capo della Lega. Tanto da far trapelare una possibile convergenza a due sul nome di Franco Frattini, presidente del Consiglio di Stato ed ex ministro del centrodestra. Il fuoco di sbarramento parte immediatamente, al punto da vedere uniti per la prima volta Letta e Matteo Renzi che danno l'altolà a un nome considerato troppo filo-russo e invocando come requisito indispensabile del prossimo presidente della Repubblica «un profilo chiaramente atlantista». Letta lo dice in una intervista rilasciata, non a caso, a una tv Usa come Cnbc. «Così spacchi l'alleanza», è l'avvertimento di Letta a Conte. Anche se in pubblico il segretario dem, consapevole che anche nel suo partito c'è chi lavora per indebolirlo puntando su Casini, cerca di attutire l'impressione della frattura interna assicurando che «abbiamo intenzione di muoverci di comune accordo con gli altri alleati», e a domanda diretta dei cronisti risponde: «Ma certo, mi fido sicuramente di Conte». Nel Pd però l'irritazione contro il capo politico Cinque stelle è altissima, e i dubbi sui suoi traffici con Salvini e il centrodestra, anche su Casellati, sono tutt'altro che fugati.
E nel pomeriggio, dopo un lungo braccio di ferro, il Pd boccia la richiesta del capo politico Cinque stelle di contrapporre una rosa con i nomi di Andrea Riccardi e Paola Severino a quella del polo opposto. La situazione, vista dal Nazareno dove si attende ora la risposta del centrodestra sul «conclave», è pericolosamente incartata.
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