Imporre delle regole ai giovani e ai giovanissimi è quasi impossibile. Quindi tanto vale «lasciarli contaminare a vicenda, a condizione che non vedano i loro genitori e i loro nonni». una sorta di indennità di gregge, senza pecore ma solo agnelli.
È realista e controverso sapendo di esserlo Éric Caumes, capo del dipartimento di malattie infettive dell'ospedale Pitié Salpêtrière di Parigi. In un'intervista a Le Parisien critica esplicitamente la gestione da parte delle autorità sanitarie della crisi del coronavirus. E lo fa premettendo: «Quello che dico certamente potrebbe non essere considerato politicamente corretto».
Lo scopo finale di questa strategia decisamente provocatoria è permettere ai giovani infettati di poter partecipere all'immunità collettiva e quindi iniziare regolarmente «l'anno scolastico, nelle scuole e nelle università». «Altrimenti - spiega Caumes - i giovani saranno un serbatoio di contaminazione e finiremo con un'epidemia ingestibile».
Le idee scioccanti di Caumes non sono condivise dalla gran parte della comunità scientifica francese. L'epidemiologa Catherine Hill, contattata da Bfmtv, dice che lasciare i giovani contagiarsi tra di loro «è una pessima idea». «C'è un'ignoranza completa delle relazioni tra le persone, nella città, nello spazio. Le persone che hanno meno di 30 anni incrociamo continuamente persone con più di 30 anni.
È una faccenda che non sta in piedi. Andrebbe bene se fosse possibile vivere in mondi impermeabili, con aree isolate in funzione dell'età, ma questo è totalmente folle. I giovani incontrano persone di tutte le età continuamente».
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