L'Ue? È vecchia. Putin al contro-vertice in Cina

Nessun interesse al rientro nel G8, gli affari della Russia sono a Oriente. Mano tesa agli Usa

L'Ue? È vecchia. Putin al contro-vertice in Cina

A un capo del mondo si celebra un G7 problematico, con Trump e l'Europa in disaccordo su più fronti: dazi, nucleare iraniano, riscaldamento globale. Nel frattempo sull'altra sponda del Pacifico, a Qingdao, va in scena il vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO) che plasticamente rappresenta dove va il mondo: a Oriente.

È lì che si sta spostando l'asse economico globale, con Russia e Cina che vanno sempre più a braccetto su un tot di questioni che attengono alla governance mondiale: la situazione ucraina e quella coreana, Medio Oriente e Nordafrica, Taiwan, l'uscita unilaterale degli Usa dall'accordo con Teheran sul nucleare, ma soprattutto gli scambi commerciali tra i due Paesi che nei primi 5 mesi del 2018 sono aumentati del 26,9%, con accordi per un valore di 2,6 miliardi di euro e un fondo di investimenti da circa un miliardo.

Oltre a Russia e Cina, lo Sco ricomprende altri 6 Paesi membri di diritto - ossia India e Pakistan (potenze anche in ambito nucleare) più Kazakhistan, Kirghizistan, Tagikistan e Uzbekistan che grazie al petrolio e al gas fanno impallidire quasi tutto il G7 in tema di energia - e quattro osservatori. Tra questi, oltre ad Afghanistan, Bielorussia e Mongolia, c'è proprio l'Iran con cui, oltre che di nucleare, si discuterà di Siria. Su queste basi, si può dire che Qingdao si può configurare come un contro-vertice, che in prospettiva rischia di contare molto più del G7.

È anche per questo che Vladimir Putin ha liquidato senza entusiasmo l'apertura di Trump («Alla Russia dovrebbe essere permesso di tornare nel G8») facendo rispondere dal suo portavoce che «Mosca si concentra su altri formati».

Il feeling con Pechino è esploso nell'incontro bilaterale con Xi Jinping che ha preceduto il summit di Quingdao. Putin aveva già ricordato in un'intervista alla tv cinese di quando festeggiò col suo omologo il compleanno del 2013 («brindammo con uno shot di vodka e affettammo qualche salsiccia, non ho mai avuto un rapporto simile con nessuno dei miei colleghi stranieri»), prima di essere accolto a Pechino come uno zar, omaggiato di una parata militare in piazza Tian'anmen e di una Medaglia dell'Amicizia. Del resto i due si somigliano, politicamente hanno avuto un percorso simile: sono entrambi eredi di dittature del proletariato che hanno sempre di più personalizzato la loro leadership arrivando a gestirla in modo autoritario.

Mettendo da parte i vecchi attriti e cercando «una cooperazione di reciproco beneficio» - come l'ha definita Xi - i due hanno spostato gli equilibri e anche Trump se ne sta rendendo conto. Putin gli ha teso la mano, dicendo di essere «pronto a sviluppare, approfondire e normalizzare le relazioni con gli Usa» e lui probabilmente non si lascerà sfuggire l'occasione, in queste ore si sta parlando della possibilità di un incontro a Vienna. Donald ci tiene a evitare che la Russia finisca per schiacciarsi troppo sulle posizioni della Cina e non vuole essere tagliato fuori.

Anche per questo ha abbandonato in anticipo Charlevoix. Per volare a Singapore dove incontrerà il dittatore nordcoreano Kim Jong-un a riprova di come sia in atto uno spostamento a Oriente degli equilibri globali. In questo scenario la grande esclusa sembra essere l'Europa e in particolare i Paesi più ostili alla Russia.

«L'Occidente ci vede come una minaccia - ha detto Putin - ma finalmente qualcosa si muove perché alcuni nostri partner iniziano a dire che l'Ue deve collaborare di più con noi». E ogni riferimento al nuovo governo italiano è sembrato puramente voluto.

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