Matteo apre il suk per placare Alfano e resistere in Senato

Così il premier prova a resistere in Senato

Matteo apre il suk per placare Alfano e resistere in Senato

Un timing da prima Repubblica. Fortemente voluto da un Matteo Renzi che guarda con una certa preoccupazione ai numeri del Senato. E che per garantirsi la fatidica quota di 161 voti sul ddl Boschi è stato costretto a ribaltare il calendario dei lavori di Palazzo Madama, anticipando il voto sulle riforme e - soprattutto - posticipando il rinnovo delle presidenze delle Commissioni parlamentari. Insomma, prima il premier porterà a casa il voto finale sulla riforma istituzionale - sul cui referendum ha ormai investito il suo futuro politico - e solo dopo elargirà le promesse poltrone da presidente, vicepresidente e segretario delle diverse Commissioni di Palazzo Madama, incarichi più o meno di prestigio ma che prevedono anche migliaia di euro in più in indennità per i fortunati senatori.

D'altra parte, è la stessa logica in base alla quale Renzi ha deciso di rinviare di mese in mese l'annunciato rimpastino, un'altra ottima occasione per saziare gli appetiti di chi - sempre al Senato dove i voti sono in bilico - minaccia sfaceli.Alla fine, dunque, il premier si è dovuto piegare alla logica del suk. Quella su cui tante volte si è accanito il Pd in questi anni, ma che oggi diventa il grimaldello per blindare quelle riforme che dovrebbero modernizzare il Parlamento. Con una certa dose di disinvoltura se il presidente dei senatori dem Luigi Zanda liquida le critiche delle opposizioni con un sibillino «non capisco dove sia il problema». C

he è evidente e sta nella tabella di marcia impressa ai lavori di Palazzo Madama. Con il ddl Boschi che sarà votato il 19 e 20 gennaio e il rinnovo delle Commissioni che slitta al 21. Posticipato al 28 gennaio anche il dibattito in aula sulle unioni civili, così che i senatori beneficiati possano subito sdebitarsi con Renzi.Non è un caso che nel totonomine impazzino soprattutto esponenti del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano. Sono loro, d'altra parte, quelli che nella maggioranza alzano la voce sulle unioni civili e che, dunque, devono essere acquietati. Secondo i rumors in pole position per portare a casa qualche buona nomina ci sarebbero Nico D'Ascola - che ha un certo ascendente su una pattuglia di tre-quattro senatori calabresi - e Federica Chiavaroli.

Ma la partita si allargherà anche al rimpastino e coinvolgerà pure il Pd, diviso tra l'area laica e quella cattolica, decisamente più sensibile alle ragioni del Family day, già convocato per il 30 gennaio in piazza San Giovanni.

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