«Minacciati per danneggiare Trump»

Bill O'Reilly, anchorman di Fox News, denuncia favoritismi per Hillary

Giovanni Masini

L'accusa è di quelle gravissime e per il bene di tutti sarà meglio che venga circostanziata alla svelta.

Tre grandi corporations dei media statunitensi avrebbero ricattato i propri dipendenti minacciando il licenziamento immediato per chi non avesse «distrutto» Donald Trump nei commenti politici dell'ultimo mese di campagna elettorale per le presidenziali.

A lanciare il sasso è stato il noto anchorman di Fox News Bill O'Reilly, che all'indomani del secondo dibattito televisivo fra i due candidati alla Casa Bianca ha sollevato insinuazioni pesantissime: «Trump ha dominato nella prima mezz'ora, poi il duello è scivolato nell'irrilevanza ha spiegato il popolare commentatore durante un'intervista con il collega Bill Hemmer . Ma è evidente a chiunque che ci siano istruzioni alla stampa, anche se in modo non ufficiale, di distruggerlo». Secondo O'Reilly i cronisti che non si fossero attenuti a questa linea sarebbero andati incontro a penalizzazioni nella carriera o addirittura alla perdita del posto di lavoro.

Resta il mistero sull'identità tanto dei mandanti che degli esecutori di questa direttiva: «Non posso dire con esattezza chi sia implicato perché non l'ho ancora inchiodato, ma ne sono convinto al 100% si è giustificato il giornalista -. Hanno istruito i propri dipendenti, non per vie ufficiali ma tramite il passaparola: se fate attenzione potete accorgervi anche voi di chi sto parlando».

Si tratta per il momento di illazioni poco circostanziate, che però hanno contribuito ad esacerbare ulteriormente il clima politico già invelenito degli ultimi giorni. Il Washington Post, fra gli altri, ha ripreso le accuse del sessantasettenne presentatore in un pezzo che gronda sarcasmo da ogni riga. «O'Reilly potrebbe aver messo le mani sul più grande scoop di sempre - scrive il quotidiano dell'inchiesta sul Watergate . Ma per ora le uniche fonti in materia sono le sue stesse parole».

I lettori però non sembrano così disposti a liquidare su due piedi le accuse di Fox News e anzi accusano la stampa liberale di non dar conto, ad esempio, della grande partecipazione di folla ai comizi del candidato repubblicano.

O' Reilly, è vero, è da tempo in rapporti assai cordiali con Trump e in passato i due sono stati più volte visti mentre assistevano insieme alle partite degli Yankees a New York; tuttavia l'anchorman non ha mancato di criticare il tycoon in diverse occasioni.

In passato, peraltro, era stato lo stesso Trump ad attaccare più volte i media americani, «disgustosi e corrotti», per le falsità pubblicate sul suo conto: «Se non distorcessero ogni singola parola che dico twittava il candidato repubblicano il 14 agosto potrei battere Hillary con il 20% di scarto».

A giugno lo staff di Trump aveva addirittura revocato gli accrediti stampa a tutti i giornalisti del Washington Post dopo mesi di insinuazioni sulla «disonestà e inaccuratezza» dei servizi sulla campagna elettorale. Poco migliore la sorte toccata al New York Times, altra testata apertamente schierata contro il candidato repubblicano e accusata da Trump di «fabbricare storie» per screditarlo.

Alla lista, ricostruiva ieri pomeriggio l'International Business Times, andrebbero

iscritti anche l'Huffington Post, la Cnn e Usa Today. Testate che in effetti non sono state tenere con Trump, ma che ora attendono di sapere se le accuse di O'Reilly fossero rivolte a loro. E soprattutto ne attendono le prove.

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