Il pasticcio tessere per il sussidio grillino

Di Maio: sto facendo stampare 6 milioni di carte. Ma non ci sono soldi né regole

Il pasticcio tessere per il sussidio grillino

Il reddito di cittadinanza non c'è, i beneficiari nemmeno, ma le tessere su cui erogarlo sono già in stampa: «Ho già dato mandato di stampare le prime cinque o sei milioni di tessere elettroniche», ha detto il vicepremier Luigi Di Maio. «Cinque o sei»: milione più milione meno per il grillino non fa differenza e questo già dà la misura di quante ancora siano le incertezze di applicazione del sussidio. La platea è ancora indefinita e potrebbe essere molto inferiore a questi numeri, visto che i 9 miliardi stanziati per il provvedimento non bastano per incrementare fino 780 euro i redditi di tutti coloro che non arrivano a questa soglia. Infatti l'annuncio ha scatenato le polemiche dal Pd: «Di Maio fa stampare 6 milioni di tessere. Secondo quale legge, visto che la manovra non è stata ancora approvata? Con quali soldi? L'ennesimo bluff».

Nonostante i molti nodi ancora da sciogliere, per il leader pentastellato sarà «il più grande investimento in capitale umano che facciamo in Italia». A oggi però la misura è ancora fantasma, dopo mesi di annunci e smentite. E lo sarà almeno fino a quando non verrà messa nero su bianco in un decreto collegato alla legge di bilancio atteso entro dicembre. La promessa è di farlo partire insieme con «i pensionamenti a quota 100 e la pensione di cittadinanza nei primi mesi del 2019». L'obiettivo è riuscirci entro aprile.

Ecco come verrà erogata, secondo Di Maio: «Prenderemo delle persone che oggi hanno difficoltà ad avere un reddito e gli diremo: hai un sito internet, che sarà pronto dall'anno prossimo, accedi, ti identifichi con l'identità digitale e compili la tua scheda. Se hai i requisiti riceverai una tessera a casa e una serie di impegni da prendere». La somma verrà distribuita ai nuclei familiari in base all'Isee, e sarà inferiore per chi ha una casa di proprietà e non deve sostenere costi di affitto. Lo ha confermato anche l'economista consulente del vicepriemer e ideatore del reddito, Pasquale Tridico: «Chi ha bisogno di pagarsi un affitto prende il reddito pieno. Chi ha una casa prende invece intorno ai 480 o 500 euro». Chi riceve il sussidio dovrà svolgere lavori di pubblica utilità per otto ore settimanali, sarà affiancato da un tutor, dovrà frequentare corsi di formazione e non potrà rifiutare più di tre offerte di lavoro che, dopo varie giravolte sembra che saranno gestite non sulla base dei chilometri di distanza da casa, ma di «macro aree» in cui verrà suddiviso il Paese. Passati 18 mesi dall'inizio dell'erogazione del reddito, ci sarà un «tagliando» per verificare il rispetto degli impegni presi dal disoccupato. E per ovviare alle annose disfunzioni dei centri per l'impiego, che nella proposta originaria del Movimento cinque stelle dovevano essere il perno di tutta l'operazione e per cui la manovra finanziaria stanzia 1 miliardo, è allo studio la soluzione del sottosegretario leghista Armando Siri: spostare il baricentro del reddito di cittadinanza dai centri per l'impiego verso il mondo produttivo, erogando il sussidio direttamente all'azienda che si occuperà di formare e riqualificare il disoccupato. Che, «al termine del periodo di formazione-lavoro, potrà essere assunto dalla stessa impresa, oppure mettersi sul mercato con un bagaglio di competenze aggiornato».

Una strategia per evitare truffe e abusi che preoccupano i pentastellati, visto che rischierebbero di svuotare la misura simbolo del M5s.

Dopo i timori espressi dal sottosegretario Stefano Buffagni, sono arrivati anche quelli del magistrato più ascoltato dai cinque stelle, Piercamillo Davigo: «In un Paese con 12 milioni di evasori fiscali mi sembra difficile poter fare controlli adeguati».

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