Dal vertice di centrosinistra arriva un no felpato ai nomi proposti dal centrodestra. E alla fine della giornata resta il dato politico all'interno del M5s. Dopo l'incontro tra Matteo Salvini e Giuseppe Conte di lunedì in cui si sarebbe discusso della candidatura dell'ex ministro degli Esteri Franco Frattini, sono venute a galla le divisioni. Fratture che si è tentato di tacitare nelle ultime settimane, diventate però palesi di fronte all'attivismo trasversale dell'ex premier. Luigi Di Maio, Beppe Grillo e Roberto Fico lavorano sottotraccia per Draghi al Quirinale, Conte sembra deciso a blindare il presidente del Consiglio a Palazzo Chigi, molti senatori continuano a spingere per un bis di Mattarella. Ieri il presidente uscente ha ottenuto 39 preferenze e «molti di quei voti sono nostri», ragiona con l'Adnkronos un senatore del M5S: «E domani (oggi, ndr) saranno certamente di più».
In mattinata le chat grilline traboccano di rabbia nei confronti del leader. «Che fine che abbiamo fatto a votare Frattini o la Casellati», scrive un parlamentare. La presidente del Senato non entra nel terzetto del centrodestra, ma potrebbe entrare in gioco alla quarta votazione. «Anche qualcuno che è contianissimo la Casellati non la voterebbe mai», dice una deputata del M5s. Emerge che nessun nome di centrodestra è in grado di mettere d'accordo la maggioranza dei grandi elettori pentastellati. «Qualcuno dei nostri non sa nemmeno chi è Frattini», scherza un eletto. L'impressione è che Conte sia un capo che si muove senza mandato, troppi deputati e senatori non rispondono a lui. Dall'area che fa capo a Di Maio si invita a pazientare, in attesa che la soluzione Draghi arrivi per inerzia. Il passaggio al Colle dell'ex capo della Bce - dalle parti di Grillo e dell'ex capo politico - è considerato quasi un esito ineluttabile. Perciò il ministro degli Esteri è preoccupato che alla fine dei giochi il M5s risulti marginale. Il ragionamento di tanti dimaiani, ma non solo, è che dopo un ping pong di nomi si troverà un accordo per spedire Draghi al Quirinale. Nei gruppi c'è la sensazione che Conte sia «caduto nel bluff di Salvini». «Non si può mettere a rischio l'alleanza con il Pd» è il refrain di deputati e senatori. Nella variegata geografia del M5s c'è anche chi pensa che Conte stia alzando la posta su Draghi per avere un posto per sé in un nuovo governo.
«Se Letta e Speranza non faranno una tirata d'orecchi a Conte gliela faremo noi», si sfoga in mattinata un deputato. I contiani utilizzano l'argomentazione secondo cui senza Draghi al governo si tornerebbe al voto. Una paura che serpeggia nella truppa, che però è preoccupata anche dall'instabilità che per alcuni deriverebbe dall'elezione di un capo dello Stato a maggioranza. Finiscono nel tritacarne grillino pure Andrea Riccardi e Paola Severino, considerate ipotesi irrealistiche, candidati di bandiera. Diversi eletti del M5s confessano all'Adnkronos di essere stati sondati da esponenti della Lega per avere i loro singoli voti. «Sono sorpreso dal veto di Conte su Draghi, ma non aveva detto in assemblea che non si dovevano mettere veti?», attacca il deputato Gianluca Vacca. «Si andrà su Draghi ma ci spaccheremo più o meno a metà anche in quel caso», prevede un parlamentare parlando con Il Giornale.
In alcuni settori del M5s resiste una non preclusione verso Pier Ferdinando Casini, ma nessun candidato ad oggi può scongiurare una spaccatura interna. Anche perché Conte - secondo chi tiene il pallottoliere del Movimento - «controlla direttamente solo una settantina di parlamentari».
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