Le reazioni: "Frenata indolore. Un ostacolo i tassi della Bce"

Il governo evita lo scontro ma nella maggioranza cresce il malumore: "Colpa della stretta monetaria"

Le reazioni: "Frenata indolore. Un ostacolo i tassi della Bce"
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La leggera frenata dell'economia italiana raffredda gli entusiasmi dopo una fase di costante crescita. «Una doccia gelata attesa», è la reazione a caldo che trapela da Palazzo Chigi. La spia era, comunque, accesa da settimane. «Un arretramento prevedibile. Nessun dramma, ma c'è grande attenzione» si ragiona negli ambienti di governo.

Nel secondo trimestre del 2023, il Pil, corretto in base agli effetti del calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,3% rispetto al trimestre precedente (quando era cresciuto dello 0,6%) ed è aumentato dello 0,6% in termini tendenziali. La stima è inferiore alle previsioni e a questo si aggiunge un'altra notizia negativa contenuta nei dati diffusi ieri dall'Istat: il Pil italiano fa registrare una prestazione peggiore di quelli della Germania (0,0%), della Francia (+0,5%) e della Spagna (+0,4%). Al governo c'è una individuazione, ben chiara, sulle responsabilità del rallentamento: la Bce.

Fonti di primo piano della maggioranza si sfogano al Giornale: «Il problema sono i tassi d'interesse, la stretta monetaria comincia a farsi sentire seriamente. In Germania e in Francia stanno peggio. Così mandano in recessione tutta l'Unione». Il dito è contro la politica restrittiva sui tassi del presidente della Bce Christine Lagarde. Il timore è che insistere sul rialzo dei tassi possa azzerare la curva di crescita degli ultimi mesi. Due giorni fa, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva anticipato lo scenario: «Famiglie che non riescono a pagare le rate dei mutui, imprese che non chiedono prestiti per investimenti perchè il denaro costa troppo. La Bce non aumenti più i tassi di interesse. Rischiamo la recessione. La signora Lagarde ascolti il nostro appello a difesa di famiglie e imprese».

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti rinuncia allo scontro frontale con Francoforte: «L'arretramento del Pil lievemente superiore alle più recenti stime interne, appare principalmente dovuto alla caduta del valore aggiunto dell'industria, mentre i servizi hanno continuato a crescere, seppure a un ritmo più moderato. Sui risultati hanno influito, in particolare, la flessione del ciclo internazionale dell'industria, il rialzo dei tassi di interesse e l'impatto della fase prolungata di rialzo dei prezzi sul potere d'acquisto delle famiglie; in Italia, come nel resto d'Europa, la fiammata inflazionistica è stata una delle conseguenze negative del conflitto in corso, che continua a rappresentare il principale fattore d'incertezza». «In ogni modo - continua Giorgetti - tale dato allo stato non influisce sulla previsione annua formulata nel Def».

Le opposizioni attaccano: «Non appena l'impronta del governo Meloni ha avuto il tempo di fare effetto, siamo tornati in zona retrocessione», rimprovera Ubaldo Pagano, capogruppo Pd in commissione Bilancio alla Camera. Dal fronte dell'esecutivo il ministro delle Imprese Adolfo Urso vede il bicchiere ancora mezzo pieno: «Il Pil in Italia è ancora in crescita, con un dato acquisito per il 2023 del +0,8% e va meglio della media dei Paesi dell'Eurozona che segna +0,3%.

Ci sono dati sui consumi e sugli investimenti delle imprese di cui dobbiamo tenere conto. Sappiamo che il rallentamento degli investimenti è dovuto all'aumento dei tassi da parte della Bce». Una cautela accompagnata da una scontata preoccupazione.

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