Rivolta degli eletti M5s: "Diamo troppi soldi ai vertici del partito"

La tassa da duemila euro per le Europee scatena le proteste dei parlamentari

Rivolta degli eletti M5s: "Diamo troppi soldi ai vertici del partito"

Pagare stanca. E la polemica ritorna ciclica, a ogni assemblea di Luigi Di Maio con i parlamentari del Movimento Cinque Stelle. Come se non bastassero gli scontri quotidiani con gli alleati di governo della Lega, i pentastellati continuano a essere percorsi, a intervalli di tempo ormai regolari, da tensioni interne che minano la tenuta dei gruppi di Camera e Senato. Eletti al primo mandato contro «portavoce esperti», peones contro ministeriali, ortodossi contro governisti. Sono tante le faglie di frattura che non fanno che acuire le distanze tra lo stato maggiore e la pletora di onorevoli catapultati a Montecitorio e Palazzo Madama.

Tra tutte le questioni ce n'è una, trasversale, e potenzialmente più dannosa rispetto a quelle dai connotati più ideologici o di contenuto politico. Ed è collegata alla gestione «verticale» del Movimento dell'uno vale uno, da tempo organizzato con una cinghia di trasmissione che segue un tracciato univoco: Davide Casaleggio, Luigi Di Maio, parlamentari. Il focolaio di rivolta più pericoloso riguarda i soldi. Tra bonifici per le restituzioni con importo forfettario, «donazione» mensile alla piattaforma Rousseau e periodici contributi per eventi e campagne elettorali, serpeggia nei gruppi un fastidio che unisce tutte le «correnti» di quello che una volta era il monolite a Cinque Stelle.

A risvegliare le proteste, seppure anonime e mugugnate nei capannelli, sono state le voci di un nuovo «prelievo» dagli stipendi; 2mila euro da versare al comitato per le elezioni europee 2019 per il finanziamento della campagna elettorale. «Ancora non ci hanno detto niente - dice al Giornale un deputato - ma basta guardare i precedenti per credere che la notizia sia vera». Dei precedenti, l'ultimo, chiacchieratissimo tra i parlamentari, è il contributo per l'organizzazione di Italia 5 Stelle, la kermesse nazionale grillina svoltasi il 20 e 21 ottobre del 2018 al Circo Massimo di Roma. Anche in quel caso «ci hanno chiesto 2mila euro per finanziare la manifestazione, inserendoli nella quota eventi».

Poi ci sono le spese fisse, tolte dallo stipendio ogni mese. Si tratta dei famosi e contestati «2mila e 300 euro mensili», comprensivi di bonifico di restituzione e 300 euro da versare all'Associazione Rousseau «per il mantenimento della piattaforma». Per quanto riguarda Rousseau, ci si chiede come venga utilizzata la donazione, stando ai continui rallentamenti e problemi tecnici dell'urna virtuale della democrazia diretta dei grillini. Sulle restituzioni il punto è un altro: deputati e senatori, in seguito alla modifica delle modalità di versamento del bonifico, hanno cominciato a sborsare 2mila euro mensili su un conto intestato al capo politico Luigi Di Maio e ai capigruppo nei due rami del Parlamento, Francesco D'Uva e Stefano Patuanelli. Ma dai gruppi confermano di non sapere ancora dove verranno destinati questi soldi, né si capisce se ci sarà una votazione su Rousseau per stabilirlo.

Tutto in un contesto in cui il grosso dei parlamentari si sente escluso dalle decisioni che contano. E più di qualcuno lamenta di essere considerato solo per alzare la mano durante le assemblee che il capo politico tiene con gli eletti delle due Camere. Una mera funzione ratificatrice.

Il modus operandi è stato inaugurato all'inizio della legislatura, come raccontato dal Giornale il 13 maggio 2018, quando, durante le trattative per la formazione del governo, i neo eletti erano stati invitati dai big a stare lontani dal Palazzo. E le «tasse interne» potrebbero essere la goccia in grado di far traboccare il vaso, perché, come dice un altro deputato «non possiamo versare tutti questi soldi».

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