Il sisma travolge il convento: suore di clausura in strada

Gli abitanti di Pescara stanno raccogliendo magliette per le ventitré sorelle rimaste senza monastero

Il sisma travolge il convento: suore di clausura in strada

da Sant'Angelo in Pontano (Mc)

Nel monastero di Santa Maria delle Rose non esisteva il tempo fino alla notte del terremoto. La preghiera e il ricamo si intrecciano lungo percorsi che non sono minuti, ma vie di grazia. Merletti e mani giunte, una vita che scorre nei polpastrelli. Ma poi arriva una sera in cui gli anelli del silenzio non seguono più lo stesso svolgimento.

Le mura tremano, la volta oscilla, i gradini si frantumano, le ventitré sorelle abbandonano il letto, corrono nei corridoi sempre silenziosi con le lunghe vesti, si avvicinano al portone strette tra loro, e aprono la porta. Vedono uomini e donne che scappano spaventati, i palazzi che incombono sbrecciati. Il mondo in faccia, all'improvviso. E scelgono di uscire.

Il terremoto è arrivato fino a qui, nel paese protetto dall'arcangelo Michele, Sant'Angelo in Pontano in provincia di Macerata. Il sisma del 24 agosto è risalito come una spuma di onda molto più a settentrione del confine marchigiano con il Lazio. E le scosse delle ultime ore continuano a inoltrarsi lungo una linea verticale. Il viaggio lungo la direttrice nord è un'incalzante fuga dal terremoto che preme alle spalle e di cui si sente il respiro anche nel paese di San Nicola da Tolentino, dove i vigili del fuoco stanno mettendo in sicurezza due campanili e la gente sconsiglia di camminare rasente alle case. A sud ovest, Castel Sant'Angelo sul Nera è ormai un paese inagibile. Il terremoto ha scavalcato i Monti Sibillini e si è insediato anche nelle mura del monastero di benedettine più famoso della Valle del Tenna.

«Siamo suore di clausura, ma ci è crollato il tetto addosso e la clausura è finita, ora siamo qui», racconta suor Maria Grazia sotto la torre campanaria del paese, dietro una transenna dove i vigili del fuoco stanno dirigendo un intervento, e sembra che si senta in colpa. Abbassa lo sguardo. «Cos'altro potevamo fare». Di tutta fretta ha dovuto imparare a gestire una cerchiatura di mura del 1500. Dai merletti ai pompieri in una notte. Il vigile Roberto la rincuora: «Troppo pericolo. Meglio una suora viva...» «Che una suora di clausura morta!», completa la frase suor Maria Grazia, esibendo una sarcasmo pescarese che la clausura non è riuscita a far sparire. Con le sue consorelle è stata proiettata nel purgatorio imprevedibile degli umani da un rigurgito terrestre che le ha squarciato la scelta della vita, il silenzio consacrato a Dio. «Il monastero è pericolante confermano i vigili soprattutto il campanile». Il campanile che scandiva la vita nascosta delle benedettine. Sveglia con il buio, lavoro e preghiera ai rintocchi delle ore.

Suor Maria Grazia si muove come una creatura del bosco uscita dall'anfratto. Risale verso il convento nel suo abito che accarezza i sampietrini, non riesce a mantenere il contatto. Il terremoto per la comunità è stata una diaspora. La famiglia delle benedettine ha trascorso una notte all'aperto. Poi è stata smembrata per necessità. Alcune sorelle sono state trasferite a San Vincenzo in Volturno, quattro nella casa di un contadino su un terreno di proprietà del monastero, vicino a un'area industriale di capannoni. A Pescara si sta organizzando una raccolta di magliette per le suore senza monastero.

«Ci dedicavamo all'orto e soprattutto al ricamo - racconta Maria Grazia parlando della vita che non c'è più - Ci commissionano merletti e tovaglie.

Da un anno la domenica uscivamo anche per la Messa. E prima del Concilio non sarei mai stata potuto rimanere qui a parlare per la strada. Arrivederci!». Ma ora è il terremoto che impone la strada, la grida. Suor Maria Grazia si volta e torna a pensare ai suoi tramezzi.

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