La strana maggioranza: non esiste, ma ci sarà

Impossibile pensare che il tentantivo fallisca. Se Salvini dirà sì, Draghi non chiederà le porte.

La strana maggioranza: non esiste, ma ci sarà

L a salita è appena incominciata. Si fa fatica, ma il sudore ci sta. Nessuno ha mai detto che sarebbe stato tutto facile. Nessuno, d'altra parte, pensa seriamente che la perlustrazione di Mario Draghi possa fallire. Non ce lo possiamo permettere. Non ora. Non con quello che c'è alle spalle. Non con quello che c'è davanti. Alla fine della strada una maggioranza ci sarà. Bisogna capire come, di cosa sarà fatta, la forma, il senso, il colore, le prospettive. Non è cosa da poco.
Non basta dire Draghi. È importante sapere fin dove può muoversi, perché da questo dipende la forza della sua azione. Non si fanno miracoli se mancano gli ingredienti. Qui in tanti si stanno agitando per metterci i loro. Non è detto che sia un bene.
Nel primo giorno di consultazioni un peso importante lo sta avendo quello che avviene fuori. L'immagine del giorno è Giuseppe Conte, in piazza, davanti a Palazzo Chigi, con la bancarella delle cose perdute e i microfoni in faccia. Il premier è pronto al trasloco. È lì per dire che non ha rancori verso chi verrà dopo. «I boicottatori cercateli altrove».
Conte dice che lui sta con Draghi. È un passo politico rilevante. L'idea è dare una scusa ai grillini per dire sì al governo senza arrossire. Non tutti, naturalmente. Il Movimento è uno specchio in frantumi, dove ognuno fa i conti con il futuro a piccoli gruppi. Alessandro Di Battista è il punto di riferimento di chi non ci sta. Emilio Carelli se ne è già andato a fare il «costruttore». Vito Crimi non lo riconosce più nessuno e Luigi Di Maio cerca di ricompattare il «centro» pentastellato che non vuole andare a casa. Di Maio apre a Draghi, per una volta facendo sponda sull'avvocato pugliese.
Conte non vuole restare fuori dalla politica. Si propone come faro dei Cinque stelle e nel futuro perfino come candidato premier di una coalizione giallorossa. Nel Pd c'è chi lo asseconda. Poi complica il lavoro di Draghi. Fissa un perimetro per la maggioranza. Il nuovo governo deve essere politico e con gli stessi partiti che sostenevano lui. È una ricaduta nell'uno vale uno. Togli Conte e metti Draghi e tutto resta come prima. Il Pd anche in questo caso lo asseconda. Faticano a capire che i tempi stanno cambiando.
Il governo Draghi non può muoversi sui vecchi sentieri. Zingaretti verso sera ci ripensa e parla di maggioranza «aperta e europeista». La frontiera è sulla pelle di Salvini. Lì, dicono Pd e Leu, non si può andare. È il tentativo di superare l'imbarazzo. La realtà è che se la Lega dice sì non sarà certo Draghi a chiudere le porte.
Salvini ha parlato al fianco di Giorgetti e questo è un segnale che vale più delle parole. Il succo è che sarà importante vedersi faccia a faccia con il presidente del Consiglio incaricato. Non è sicuro il sì, ma la tentazione di partecipare c'è. Poi, certo, bisogna trovare l'accordo su un po' di cose. Il fatto che comunque non sia un «no» non è irrilevante.
Berlusconi ricorda la sua stima per Draghi. Si sta andando nella direzione che da tempo aveva indicato: il «governo dei migliori». Il rischio è tenere a freno le ambizioni dei partiti, ma il suo appoggio è chiaro. Non sta giocando a scacchi.
Giorgia Meloni ha già spiegato il suo no. Non è un no a Draghi, ma alla maggioranza che dovrebbe sostenerlo. Non puoi mettere insieme forze così diverse. La sua richiesta sono le elezioni. Detto questo è pronta a votare leggi buone e utili per l'Italia.
Il perimetro della maggioranza, con le consultazioni più pesanti ancora da fare, sembra comunque definirsi. I numeri in Parlamento dovrebbero esserci. Lo spettro più largo, quello con la Lega, incasserebbe 580 voti alla Camera e poco meno di 290 al Senato. Quello ristretto, quello indicato da Conte, farebbe segnare 350 deputati e almeno 170 senatori. In questo caso Renzi sarebbe di nuovo l'ago della bilancia.
La salita insomma c'è, ma non è impossibile da scalare. Dicono che Draghi stia lavorando a una miscela di tecnici e politici da inserire nel governo.

Questo indica la forma che sta prendendo la sua avventura. Il mix gli renderà un po' più facile la vita in Parlamento e più fragoroso il confronto nel Consiglio dei ministri. Qui si gioca il suo destino e pure quello dell'Italia.

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