Sul premier aleggia il fantasma di Prodi e dei Dico

Per Renzi la battuta d'arresto sarebbe di quelle che si fanno sentire. Soprattutto alla vigilia di una campagna elettorale in cui il presidente del Consiglio è deciso a recuperare consensi a sinistra

Sul premier aleggia il fantasma di Prodi e dei Dico

Il fantasma è quello di Romano Prodi. E ormai da giorni aleggia su Palazzo Chigi, soprattutto dopo che Matteo Renzi ha deciso di giocarsi una parte importante della campagna elettorale che porterà alle amministrative di primavera proprio sulle unioni civili. Così, seppure con le dovute differenze del caso, nel Pd c'è chi ha iniziato ad evocare lo spettro del Professore e quei Dico che nel 2007 segnarono la prima vera battuta d'arresto di un governo destinato poi a sfaldarsi nel gennaio dell'anno successivo. Il disegno di legge su cui a lungo lavorarono le ministre Rosy Bindi (Famiglia) e Barbara Pollastrini (Pari opportunità) fu infatti approvato in Consiglio dei ministri per poi arenarsi nelle sabbie mobili delle commissioni parlamentari, vittima del fuoco incrociato del mondo cattolico. Non solo la politica - quella di centrodestra e quella di centrosinistra - ma anche la Chiesa, con Camillo Ruini in prima linea.

Nove anni dopo, il timore che inizia a serpeggiare nelle fila del Pd è proprio quello che si possa creare un situazione simile. Certo, Papa Francesco sta mostrando un approccio decisamente diverso da quello che ebbe Benedetto XVI e anche la piazza del Family day sarà certamente meno agguerrita visto che il prossimo 30 gennaio a San Giovanni non è per il momento atteso nessun big (come accade invece nel 2007 quando sfilarono in massa le opposizioni, con Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini tutti insieme appassionatamente).

Eppure il rischio di finire impantanati c'è, soprattutto se non si troverà il modo di arrivare a un compromesso sulla stepchild adoption, che poi è il vero punto di caduta all'interno della maggioranza. Un dettaglio sul quale rischiano di focalizzarsi le opposizioni da quando il 28 gennaio il ddl Cirinnà arriverà nell'aula del Senato, soprattutto se il clima sarà surriscaldato quando ci saranno gli inevitabili voti segreti.

Se il Pd dovesse restare spaccato, infatti, il timore del premier-segretario è che dall'opposizione possano provare ad affossare il provvedimento nel segreto dell'urna, così da scaricare poi la colpa sul Pd.

Così fosse, per Renzi la battuta d'arresto sarebbe di quelle che si fanno sentire. Soprattutto alla vigilia di una campagna elettorale in cui il presidente del Consiglio è deciso a recuperare consensi a sinistra.

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