Il trasloco come atto politico

Il trasloco come atto politico

I giornali di sinistra celebrano con ritrattoni il «grigio Mattarella», ma questa volta il colore sbiadito incarna il valore della sobria normalità che ha caratterizzato il settennato del dodicesimo presidente della Repubblica.

Grigio anche nell'esposizione verbale, sempre misurata e consona all'alta carica istituzionale. Mattarella non si esprime volentieri a parole, ma ha imparato a farsi intendere con gesti simbolici che l'hanno elevato a un genio della comunicazione politica. In privato confida che non si farà rieleggere neppure «sotto tortura», ma come capo dello Stato sa che non può sbarrare le porte se fosse l'intero sistema politica a richiamarlo. Un moderno Cincinnato che ritorna in campo per salvare i destini supremi della Patria.

A Montecitorio i 1.009 grandi elettori in seduta comune bivaccano tra sbadigli e schede bianche. E il capo dello Stato uscente, con massimo distacco, si traveste da cittadino medio che non ha tempo da perdere con la politica dinanzi a una delle questioni domestiche più impegnative e angoscianti: il trasloco.

Mentre Fico snocciola in aula i nomi delle schede, Mattarella torna da Palermo dove ha coordinato il trasferimento degli effetti personali destinati alla nuova abitazione romana. Non certo il Quirinale, dove ha regnato per sette anni, ma in una casa affittata vicino a quella della figlia Laura. Messaggio chiaro e forte ai partiti: non so come dirvi che non voglio essere rieletto.

Il trasloco di casa Mattarella, da situation comedy familiare, diventa un atto politico, documentato in rete persino da video di quasi un minuto e mezzo. Dall'abitazione di via Libertà a Palermo esce un traslocatore con tre scatoloni messi a parallelepipedo su un carrellino. Sul camion della ditta Leurini troneggia un materasso foderato di giallo. E il via vai degli addetti con la felpa blu viene osservato con attenzione dagli agenti della scorta con mascherine e giacconi un po' stretti. Si vede anche il presidente uscire di casa con un cappotto scuro e montare sull'Audi di servizio che si mette in moto seguita da un'altra ammiraglia. Più espliciti di così...

Con questa seconda puntata dovrebbe chiudersi la serie mediatica avviata nei giorni scorsi con il tweet del portavoce del Quirinale Giovanni Grasso, che ha postato una distesa di colli pronti per essere rimossi dall'ufficio operativo. E così si è ribaltata l'immagine classica del trasloco con lo scatolone, trasformato in simbolo di disinteresse. Questa volta non viene trasmessa la tristezza dell'abbandono o, peggio, l'immagine iconica del potere svanito e della cacciata.

Pacchi e materassi viaggiano sull'asse Palermo-Roma, mentre nella capitale il nome di Mattarella rimbalza nel chiuso di ogni trattativa politica riservata. «Sarebbe il punto di caduta». «Andrebbe bene a tutti». «Accetta solo se gli garantiscono un suffragio superiore al 70%» bisbigliano leader di partito e parlamentari di seconda fila terrorizzati dalle elezioni anticipate.

Finite le incombenze casalinghe,

il presidente uscente è pronto a gestire l'eventuale successione. Ha già detto quello che doveva dire e ha mostrato quello che voleva fare sapere. Adesso è un no. Se diventerà un sì sarà solo lui a dettarne le condizioni.

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