Troppi limiti e pochi controlli. Il 20 dicembre rischio esodo

Ancora rinviata (al 7 gennaio) l'apertura delle scuole. Regole rigide, deroghe non previste: ecco cosa non va

Troppi limiti e pochi controlli. Il 20 dicembre rischio esodo

Regioni, opposizione, pezzi di maggioranza, parte del Cts, mondo della scuola e una lunga lista di rappresentanti delle categorie produttive, tutti contro. Il Dpcm di Natale fa segnare un record: è il più divisivo dall'arrivo della pandemia in Italia.

Alcuni governi europei hanno scelto di affrontare la pandemia con poche regole chiare e tanta autorevolezza per sconsigliare comportamenti che non possono essere vietati. Conte fin dall'inizio ha scelto la strada opposta: tante regole molto dettagliate e una progressiva perdita di autorevolezza per l'impossibilità di farle rispettare.

Il nuovo decreto rappresenta la summa di questo atteggiamento: fallita l'idea assurda di imporre «cene solo con i parenti di primo grado», il governo ha scelto la strada di bloccare gli spostamenti. Il punto più controverso del nuovo Dpcm è il divieto di muoversi non solo tra le Regioni ma, il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio, anche tra i Comuni. Dunque ci si potrà spostare all'interno delle metropoli con milioni di abitanti e non tra due villaggi da mille anime. Vai a capire: la norma anti-cenoni lascia pochi spazi alle famiglie di organizzarsi per nel rispetto delle precauzioni. Ma sarà difficile farla rispettare: servirebbero plotoni di forze dell'ordine mobilitati nelle principali festività su migliaia di chilometri di strade. E se Pd, Leu e M5s sono compatti sul rigore natalizio frenando la richiesta di Italia viva di evitare chiusure indiscriminate, sul divieto tra Comuni una pattuglia di 55 senatori e deputati Pd è andata in pressing sul governo, appoggiata dai capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, favorevoli a rivedere la norma, come chiesto dai presidenti delle Regioni. Ma, racconta chi ha partecipato ieri alla girandola di vertici, su questo punto il ministro Speranza «era una statua di sale».

Alla fine la concessione è una scappatoia, una maglia allargata nelle regole: niente deroghe esplicite, fanno trapelare fonti di governo, ma si potrà sfruttare la previsione dello «stato di necessità» per andare in visita ad anziani soli. Un'altra regola di dettaglio con l'eccezione incorporata. Il rischio, ed è uno dei punti più critici del Dpcm, è che il 20 dicembre, nell'ultimo weekend prima della stretta, scatti un grande esodo tra Comuni e sull'asse Sud-Nord vanificando i divieti.

C'è poi la scuola: sconfitta per il ministro Azzolina che spingeva per far tornare in classe i ragazzi delle superiori il 7 o il 14 dicembre. Tutto rinviato al 7 gennaio, con presenza al 75%. Dal 24 febbraio 2020 per le scuole superiori è stata garantita la scuola in presenza solo per 40 giorni, a fronte di 130 di didattica a distanza al 100%, calcola il movimento «Priorità scuola»: si allunga il record italiano di chiusura scuole che non ha uguali in Europa. È il finale amaro di uno scontro interno al governo con Conte che incredibilmente, dopo il flop di settembre, propone un «protocollo di riapertura nazionale», affidando ai prefetti il coordinamento. Ultimo sgarbo che fa infuriare le Regioni.

Ci sono infine le incongruenze che riguardano le restrizioni alle attività commerciali. Imposti limiti severissimi anche ad attività che hanno investito nel regolamentare gli accessi. Nei giorni festivi e prefestivi saranno chiusi ad esempio gli outlet, nonostante molti siano all'aperto, come ha spiegato a Conte il capogruppo renziano al Senato Davide Faraone.

Vinta la battaglia per tenere aperti i ristoranti a pranzo il 25 e il 26 (dove gli assembramenti sarebbero più controllabili che nelle case) si è deciso di vietare dalle 18 le cene negli alberghi. «Solo servizio in camera», dirà il Dpcm. Ma chi controllerà assembramenti nelle stanze? Alcune influencer hanno sbandierato sui social filmati di feste in albergo. Alla faccia del Dpcm.

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