Tutti fanno appelli sulla Consulta Poi la Camera chiude per 11 giorni

Le votazioni per eleggere i tre giudici costituzionali sono finite in un niente di fatto, boicottate da una sequela di veti incrociati tra i diversi partiti

Tutti fanno appelli sulla Consulta Poi la Camera chiude per 11 giorni

Tanto è delicata la questione che qualche giorno fa persino Sergio Mattarella ha voluto lanciare un segnale, invitando il Parlamento a «un colpo di reni» per superare l'impasse sulla Corte Costituzionale. Un richiamo informale, cui hanno fatto seguito i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso. Anche loro, infatti, si sono detti «preoccupati» da uno stallo che ha visto per ben 29 volte le Camere riunirsi inutilmente in seduta comune. Le votazioni per eleggere i tre giudici costituzionali i cui posti sono vacanti da mesi e mesi sono infatti finite in un niente di fatto, boicottate da una sequela di veti incrociati tra i diversi partiti.

Ci sta, quindi, che il capo dello Stato metta in campo la sua moral suasion per sbloccare una situazione che rasenta il ridicolo, non solo perché la Consulta è ad un passo dalla paralisi (ad oggi basta che uno solo dei dodici giudici in carica sia indisposto che viene a mancare il numero legale per aprire le sedute) ma anche perché certifica la pochezza e l'incapacità della nostra politica in tempi in cui in agenda dovrebbero esserci temi ben più seri. Stona, invece, la scelta di calendarizzare il trentesimo voto sui giudici costituzionali al 14 dicembre, saltando a pie' pari tutta questa settimana. In cui non c'è solo la festa dell'Immacolata domani con annesso ponte oggi ma pure la sessione di bilancio alla Camera, per cui a Montecitorio non si terranno sedute. Agguantati i trolley nel pomeriggio di giovedì scorso (3 dicembre), i deputati si faranno rivedere alla Camera la sera di lunedì prossimo (14 dicembre, con voto previsto dalle ore 19). Undici giorni esatti, nei quali a Montecitorio lavoreranno solo i componenti della commissione Bilancio.Ora, che la consuetudine preveda di non far sedute quando c'è la sessione di bilancio è cosa nota. Ma forse sarebbe stato il caso di lanciare un segnale e, magari, adeguarsi al comune sentire di un Paese che, non per caso, sempre di più abbraccia l'antipolitica. Peraltro il regolamento prevede espressamente che durante la sessione di bilancio non possano essere esaminati «provvedimenti che comportino nuove o maggiori spese o diminuzione di entrate». Per cui si sarebbe potuto votare tranquillamente per i giudici costituzionali.

Si è scelto di non farlo per diverse ragioni. Tra cui il fatto che, mancando ancora un accordo tra i partiti, si rischierebbe l'ennesimo buco nell'acqua. Anche se, probabilmente, la motivazione più convincente sta nel fatto che non si sarebbe comunque raggiunto il numero legale.

I 321 senatori, che hanno seduta sia mercoledì che giovedì, non avrebbero avuto problemi ad essere presenti. A differenza dei 630 deputati che, vista la settimana senza sedute, sarebbero stati convocati a Roma solo per il voto sulla Consulta.

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