Gli Usa: coalizione di Paesi per proteggere le navi

Il piano americano in chiave anti iraniana. Missione francese a Teheran per salvare la pace

Gli Usa: coalizione di Paesi per proteggere le navi

Beirut Gli Stati Uniti vogliono creare una coalizione militare internazionale per proteggere le acque di fronte l'Iran e lo Yemen dopo i recenti attacchi contro le due petroliere nel Golfo di Oman. La rivelazione arriva dal generale della Marina Joseph Dunford. Gli Usa fornirebbero navi di «comando e controllo», e altri Paesi unità per pattugliare e scortare le imbarcazioni commerciali nell'area. Lo scopo è «assicurare la libertà di navigazione» nella regione. Vi sono colloqui in corso fra gli Usa e un certo numero di nazioni alleate.

La reazione iraniana non si è fatta attendere. Il presidente Hassan Rouhani ha accusato la Gran Bretagna di essere la prima a «procurare insicurezza in mare». Il riferimento è all'operazione militare condotta dalle forze speciali britanniche che ha portato al sequestro di una petroliera iraniana al largo di Gibilterra, la scorsa settimana. Londra sostiene si stava dirigendo verso la Siria e quindi violava le sanzioni europee. Ma la partita è più ampia. Secondo alcuni analisti la decisione è un primo passo per costruire qualcosa che assomiglia a una coalizione navale contro Teheran.

Le zone più a rischio sono lo Stretto di Hormuz dove passa un quinto del petrolio globale e collega l'Oceano Indiano con il Golfo, e lo Stretto di Bab el-Mandeb, che congiunge il Mar Rosso con il Golfo di Aden e quindi con l'Oceano Indiano. Gli Stati Uniti hanno già una consistente presenza navale nella regione. Partecipano a numerose task force multinazionali. Il quartier generale della quinta flotta della US Navy si trova in Bahrein e ci sono strutture navali americane anche a Gibuti e in Kuwait. Le tensioni sono salite ancora dopo l'annuncio della ripresa dell'arricchimento dell'uranio da parte dell'Iran oltre i livelli consentiti dall'accordo del 2015. Gli europei vogliono però salvare l'accordo a tutti i costi. Il consigliere diplomatico di Emmanuel Macron, Emmanuel Bonne, è andato a Teheran per rilanciare i negoziati. Il portavoce del ministro degli Esteri Jawad Zarif, Abbas Mousavi, ha accolto con favore la missione e sottolineato «il ruolo della Francia nel ridurre le tensione, implementare l'accordo» del 2015 e «tenerlo in vita». La missione di Bonne è «cercare di aprire lo spazio di discussione per evitare un'escalation incontrollata, persino un incidente», ha precisato il ministro francese degli affari esteri, Jean-Yves Le Drian.

«I due paesi si sono messi in una situazione difficile, ma non giocano lo stesso gioco - chiarisce invece il generale Dominique Trinquand, ex capo della missione militare francese alle Nazioni Unite, -: l'Iran gioca a scacchi, Trump gioca a poker, ha già messo le sue carte sul tavolo e ha detto in maniera chiara: Aumento la pressione ma non voglio la guerra».

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