È un richiamo sentito. Una priorità, forte, paragonabile secondo gli esperti soltanto allistinto di sopravvivenza: le coppie sieropositive, quelle cioè in cui uno o entrambi i componenti sono malati di Aids, non vogliono rinunciare ad avere un figlio. E, ovviamente, desiderano che nasca sano. Non è uneventualità affidata al caso, unutopia. Tuttaltro: la medicina lo consente ma, per evitare intoppi, occorre percorrere una strada con tappe definite, utilizzare una serie di tecniche e accorgimenti precisi. Per questo motivo la sezione laziale dellAnlaids, l'Associazione nazionale per la lotta contro lAids, in collaborazione con il Comune e il ministero per le Pari Opportunità, ha avuto la sensibilità, e lintelligenza, di lanciare un progetto senza precedenti nel Bel Paese: ha creato una rete tra medici, psicologi e assistenti. E futuri genitori, appunto. Per chiarire qualsiasi dubbio, dare loro tutte le informazioni e lassistenza necessaria prima, durante e dopo la gravidanza. Il «Progetto genitorialità», questo il nome delliniziativa, si propone di aiutare in 36 mesi un minimo di 50 coppie in cura presso i centri clinici della regione: le consulenze si svolgeranno presso lospedale Spallanzani.
«Il 23 per cento dei futuri genitori - evidenzia Massimo Ghenzer, presidente di Anlaids Lazio - scopre linfezione da Hiv solo durante lo screening prenatale, quando ormai è troppo tardi. Consapevoli di questa realtà, abbiamo deciso di andare incontro alle coppie sieropositive, creando un centro di eccellenza per dare loro un valido sostegno durante ciascuna fase di questo particolare periodo». Sostegno che, in prima battuta a livello economico (20mila euro per dodici mesi)è arrivato dal ministero per le Pari Opportunità e, nello specifico, dal capo dipartimento Isabella Rauti. «Questa iniziativa, che rappresenta un progetto pilota e potrebbe presto essere estesa a livello nazionale - commenta - vuole difendere il diritto alla procreazione conciliandolo con quello, inalienabile, della tutela del nascituro. Vogliamo garantire una libertà di scelta informata e consapevole e, contemporaneamente, ridurre la trasmissione verticale della malattia». Fondamentale, per la realizzazione del progetto, anche il ruolo svolto dal Comune.
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